TUB: la Divisione Centrale di Milano sul diritto di intervenire nei procedimenti cautelari
Con ordinanza del 1 ottobre 2024, la Divisione Centrale (DC) di Milano del TUB ha respinto la richiesta di A. Menarini Diagnostic Srl di intervenire nel procedimento cautelare pendente tra INSULET Corp e EOFLOW Co. Ltd (UPC_CFI_380/2024).
Nello specifico, il 3 luglio 2024 INSULET aveva depositato un ricorso cautelare per inibitoria per violazione di brevetto contro l’azienda coreana EOFLOW. Il 16 settembre 2024, Menarini, distributore del prodotto contestato fabbricato da EOFLOW, aveva fatto istanza di intervento nel procedimento, sostenendo che la relativa decisione avrebbe influito sui suoi interessi legali riguardo ai rapporti contrattuali con EOFLOW da un lato, e con i propri clienti dall’altro lato.
La DC di Milano ha accolto la difesa di INSULET e ha respinto la richiesta di intervento di Menarini, motivando come segue:
· “L’intervento nei procedimenti cautelari è consentito solo in casi eccezionali. Poiché l’accelerazione del procedimento è lo scopo principale dei procedimenti cautelari, e considerato che devono essere successivamente avviati i procedimenti di merito, i procedimenti cautelari non devono essere sovraccaricati, ad esempio con interventi che potrebbero rallentare i procedimenti e che, soprattutto, possono essere effettuati nei procedimenti di merito”.
· “Conformemente all’art. 313 del Regolamento di Procedura (RoP), l’intervento è consentito a una terza parte che abbia un proprio interesse non meramente fattuale, ma legale. La terza parte deve quindi presentarsi come titolare di un rapporto giuridico collegato a quello portato in giudizio dalla controparte o dipendente da esso, e il collegamento deve comportare una lesione totale o parziale del diritto di cui la terza parte afferma di essere titolare nel caso in cui la parte originaria perda la causa”.
· “Se la terza parte ha un mero interesse de facto nel vedere vittoriosa una delle parti del rapporto principale solo per rafforzare il proprio caso parallelo, non può essere riconosciuta legittimità ad intervenire, e questa è precisamente la situazione che si verifica nel caso in esame”.
La decisione ha toccato anche un problema con il sistema di gestione dei casi del TUB (CMS). Infatti, MENARINI aveva fornito solo una copia cartacea della sua istanza, omettendone il deposito elettronico in quanto non esisteva un c.d. “workflow” per l’intervento nel CMS della Corte. INSULET ha sostenuto che ciò avrebbe dovuto portare al rigetto dell’istanza di intervento, poiché il deposito elettronico con utilizzo dei workflow e moduli ufficiali è obbligatorio.
La Corte ha respinto tale obiezione, sottolineando che Menarini non era parte del procedimento e quindi non era tecnicamente possibile per essa utilizzare un workflow nel CMS per la propria istanza di intervento. La Corte ha quindi osservato che, “in assenza di alternative a causa delle mancate capacità del CMS, la procedura di intervento può essere avviata solo in forma cartacea. Una diversa interpretazione porterebbe a una violazione sostanziale dei diritti dell’interveniente, poiché il diritto di intervenire è previsto dal Regolamento di Procedura (art. 313) e deve quindi poter essere esercitato in qualsiasi forma”.
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