La Cassazione sulla Vespa Piaggio: no al marchio 3D, sì al diritto d’autore (anche se non avesse valore artistico?)

Con sentenza n. 33100 del 28 novembre 2023, la Corte di Cassazione civile si è pronunciata nel noto caso della Vespa Piaggio, alla quale era stata accordata tutela di diritto d’autore e di marchio tridimensionale dal Tribunale di Torino con sentenza confermata in appello: vedete qui il nostro precedente post.

 

Nella decisione in commento, la Cassazione a sua volta conferma la tutela di diritto d’autore, riconoscendo la tutelabilità della Vespa e la sua violazione da parte degli scooter della controparte.

 

Nell’operare tale valutazione, la Corte si sofferma peraltro sulle conseguenze della sentenza della Corte di Giustizia UE nel caso Cofemel (C-683/17), e in particolare sulla conseguente possibilità di escludere il requisito del “valore artistico” richiesto dall’art. 2(10) LDA per la tutela del design; ne abbiamo parlato qui in questo blog. La Suprema Corte, richiamando anche la propria sentenza n. 8433/2020, sottolinea che, da tale giurisprudenza UE, deriva la “necessità, nella tutela del disegno industriale, di dare maggiore rilevanza all’aspetto “originale” del prodotto piuttosto che al suo valore artistico, o di operare una valutazione meno severa del requisito dell’elemento artistico, dando maggiore rilevanza al carattere originale del design”. Tuttavia, la Corte alla fine non si pronuncia sulla necessità o meno di escludere completamente il requisito del valore artistico, posto che nel caso concreto la sua sussistenza non era comunque (più) in discussione e le parti non avevano sollevato la questione della compatibilità di tale requisito con la normativa europea.

 

In tema di marchio tridimensionale, invece, la Cassazione si dichiara di avviso diverso da Tribunale e Corte d’Appello torinesi, ritenendo che la forma della Vespa non possa godere di tale tutela in quanto si tratterebbe di una “forma che dà valore sostanziale al prodotto”, non registrabile come marchio. Come è noto, l’art. 9 CPI e l’art. 7 EUTMR escludono infatti dalla registrazione le forme: a) imposte dalla natura del prodotto; b) necessarie per conseguire un risultato tecnico; c) che danno valore sostanziale al prodotto. Di tali c.d. “impedimenti assoluti” alla registrazione abbiamo parlato tra l’altro qui in questo blog.

 

Nel caso in esame, il Tribunale torinese, seguito dalla Corte d’Appello, aveva escluso la sussistenza dell’impedimento, affermando che il consumatore è portato a scegliere la Vespa per ragioni tecniche e funzionali (di prestazioni, sicurezza e affidabilità) molto più che per ragioni estetiche. La sentenza in commento afferma invece che:

 

i)               la ratio dell’art. 9 CPI è evitare che, mediante la registrazione come marchio, che ha potenzialmente durata illimitata, vengano monopolizzate senza limiti di tempo forme che dovrebbero invece poter essere utilizzate anche dai concorrenti una volta scaduti i diritti di proprietà intellettuale preposti alla tutela delle loro caratteristiche tecniche (brevetti / modelli di utilità) o estetiche (disegni / modelli);

 

ii)              si ha “forma che dà valore sostanziale al prodotto” quando tale forma è “un simbolo o, persino, un’icona sociale”, un elemento – anche se non l’unico né uno dei principali – “molto importante” nella scelta di acquisto del consumatore, capace di dare al prodotto un “appeal idoneo a influenzare o addirittura a determinare” la scelta di acquisto;

 

iii)            i fattori da considerare per verificare se una forma dia “valore sostanziale” al prodotto sono: i) la percezione del pubblico; ii) la natura del prodotto; iii) il valore artistico della forma; iv) la sua specificità rispetto ad altre in uso sul mercato; v) la rilevante differenza di prezzo rispetto a prodotti simili; vi) l’elaborazione di una strategia promozionale che sottolinei le principali caratteristiche estetiche del prodotto;

 

iv)            proprio il “valore artistico” riconosciuto alla Vespa sarebbe quindi indice del fatto che la sua forma dia valore sostanziale al prodotto, e non sia perciò validamente registrabile come marchio. In merito, la Corte d’Appello non avrebbe spiegato perché invece la forma in questione, pur avendo valore artistico, non conferirebbe valore sostanziale al prodotto, ragion per cui la sua decisione va cassata.

 

La sentenza non ha mancato di sollevare critiche sull’ultimo punto, che è poi il cuore del ragionamento che ha portato a negare tutela di marchio. Condivido in particolare le conclusioni di Eleonora Rosati su IPKat. La Cassazione non distingue a seconda che il “valore sostanziale” derivi direttamente dal valore intrinseco della forma o non, piuttosto, dalla reputazione e dagli sforzi commerciali di Piaggio, che l’hanno resa un’icona. Se la risposta – come è probabile – fosse la seconda, sarebbe corretto garantire alla forma la registrazione come marchio tridimensionale a tutela del vantaggio competitivo così ottenuto dall’azienda, in linea con quanto sottolineato dall’Avvocato Generale Szpunar nel caso Laboutin C-163/16. Su questo potrebbe comunque esprimersi la Corte d’Appello di Torino, a cui il caso torna ora per una nuova decisione sul punto.

 

La decisione della Cassazione è stata peraltro seguita, il giorno successivo, dalla sentenza del Tribunale UE in T-19/22, relativa al medesimo marchio tridimensionale sulla Vespa di cui sopra, che tuttavia non ha analizzato i temi qui discussi, bensì la sussistenza di carattere distintivo del marchio. In particolare, il TUE ha ritenuto che il marchio difettasse di carattere distintivo intrinseco, ma che la Commissione Ricorsi EUIPO avesse errato nel ritenere non sussistente nemmeno il carattere distintivo acquisito, in particolare per non aver correttamente esaminato le relative prove addotte da Piaggio. Per tale ragione, il TUE ha annullato la decisione della Commissione Ricorsi che aveva dichiarato la nullità del marchio per mancanza di carattere distintivo.

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