La Cassazione sulla tutela delle borse Hermès come marchio 3d e sul valore dei sondaggi
La Corte di Cassazione civile si è recentemente pronunciata sulla tutela come marchi tridimensionali delle forme delle borse Kelly e Birkin di Hermès (sent. 30455/22). In sostanza, Hermès aveva agito per violazione di quei marchi contro un soggetto che commercializzava copie non autorizzate delle sue borse. Quest’ultimo si era difeso sostenendo che i marchi di Hermès fossero nulli per assenza di capacità distintiva, trattandosi di forme standardizzate sul mercato, per cui la sua commercializzazione delle copie sarebbe stata legittima.
Come già detto qui in questo blog, Tribunale e Corte d’Appello di Firenze si erano espressi contro Hermès, accogliendo la domanda avversaria di nullità dei marchi (sentenze n. 3442/16 e n. 540/18). La Cassazione non ha però condiviso questa conclusione, per cui ha annullato la sentenza di appello e rinviato la causa alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione, per un nuovo giudizio.
Nella decisione in commento, la Cassazione censura in primo luogo il ragionamento della Corte d’Appello che aveva ritenuto che spettasse a Hermès provare il carattere distintivo acquisito dei marchi, senza prima aver verificato che la controparte – che eccepiva la nullità dei marchi – avesse dimostrato l’assenza di carattere distintivo originario. La Corte di Cassazione ricorda che invece i marchi registrati godono di presunzione di validità, per cui spetta a chi ne afferma la nullità dimostrare positivamente che siano privi dei requisiti di validità.
In secondo luogo, la Cassazione contesta l’accertamento dell’assenza di carattere distintivo operato dalla Corte d’Appello: “La sentenza impugnata, laddove ha affermato che le borse Kelly e Birkin «rispettano nel loro insieme i parametri canonici delle borse normalmente in commercio» e, in altri termini, che le loro forme sono «standardizzate», risulta apodittica, non essendosi fatta carico di spiegare le ragioni del difetto dell’autonoma capacità distintiva di quelle forme sia originariamente sia alla luce dell’uso e della fama acquisita nel tempo (cfr. Cass. n. 7254 del 2008)”. Al contrario, rileva la Cassazione, “i giudici di merito avrebbero dovuto accertare la sussistenza delle specifiche e autonome ipotesi di non registrabilità dei marchi di forma ivi previste, mediante esame separato (cfr. Cass. n. 22929 del 2009)”.
Infine, la Corte si esprime sul valore delle prove del carattere distintivo, con particolare riferimento ai sondaggi: “i dati risultanti dalle indagini demoscopiche costituiscono indizi, di per sé non decisivi, che devono essere ponderati in relazione alla percentuale e al grado complessivo di attendibilità tecnico-scientifica degli stessi, nonché accompagnati da altri indizi gravi, precisi e concordanti. (…) È possibile trarre elementi probatori del carattere distintivo (della forma) del marchio nel pubblico dei consumatori da fonti diverse, documentali e non”.