Il Tribunale di Milano afferma la libera utilizzabilità di fotografie reperibili sul web se prive di data e nome dell’autore

Con sentenza n. 5635 del 3 giugno 2024, la sezione impresa A del Tribunale di Milano si è pronunciata in materia di diritti d’autore sulle fotografie c.d. “semplici” (non creative) presenti e accessibili su internet. In particolare, ha affermato che queste, salvi i casi di mala fede, possono essere utilizzate liberamente e senza autorizzazione da chi le abbia reperite, laddove siano prive delle indicazioni prescritte dall’art. 90 della Legge sul Diritto d’Autore (L. n. 633/1941, LDA). Tale norma richiede infatti che le fotografie semplici, per beneficiare della tutela autoriale di c.d. “diritti connessi”, siano corredate dal nome del loro autore e dalla data di realizzazione, che nelle immagini dematerializzate possono imprimersi in modo ineliminabile e immodificabile, ad esempio tramite sistemi di marchiatura digitale (watermark).

Nel caso di specie, la società convenuta, titolare del sito web TopManagers, aveva usato e pubblicato 142 immagini di personalità del mondo aziendale reperite su internet prive di indicazioni di titolarità e data e quindi utilizzate senza richiedere il consenso ai (non noti) titolari dei diritti. Tali foto, tuttavia, erano state scattate dai fotografi professionisti della società attrice, che era proprietaria delle stesse, contenute in un database riservato di quest’ultima e cedute in licenza a diverse testate giornalistiche. Queste le avevano poi rese liberamente accessibili sui motori di ricerca, ove erano state indicizzate senza riportare il nome dell’autore e la data e senza watermark.

Per giungere alla sua decisione, il Tribunale ha innanzi tutto ricordato la distinzione tra le fotografie creative, qualificabili come opere dell’ingegno, e le fotografie semplici. Le prime derivano da un vero e proprio atto creativo e sono espressione di un’attività intellettuale e interpretativa che va al di là della mera tecnica materiale e che conferisce originalità e distintività alla foto; pertanto, godono della tutela di cui agli artt. 12 ss. LDA che attribuisce diritti esclusivi di sfruttamento al loro titolare fino a 70 anni dopo la morte dell’autore. Alle seconde, invece, prive di carattere creativo, essendo “immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale” (art. 87 LDA), si applica la più limitata tutela dei soli diritti connessi, concessa solo se le immagini contengono il nome dell’autore e la data dello scatto e per massimo vent’anni da tale data.

Con riferimento alla fattispecie al suo esame, il Tribunale ha ritenuto assente l’elemento creativo e artistico, espressivo della personalità dell’autore, del suo stile e del messaggio da lui veicolato: si trattava, invero, di mere rappresentazioni fotografiche di figure apicali del mondo dell’imprenditoria. Pertanto, ha qualificato le immagini contestate come fotografie semplici, con le descritte conseguenze in termini di tutela.

Ne deriva che, secondo i Giudici di prime cure, l’assenza dei requisiti richiesti dall’art. 90 LDA, o la mancata prova della loro sussistenza (che dev’essere fornita dall’attore), poiché non consente di individuare l’identità dell’autore e la data di produzione della foto, impedisce l’operatività dell’esclusiva ventennale summenzionata, che non può dunque essere opposta a terzi. Occorre, infatti, tutelare l’affidamento di chi entri in contatto con un’immagine liberamente accessibile e la utilizzi, senza potersi avvedere dell’esistenza di un diritto esclusivo su di essa né poter conoscere il nome dell’autore a cui chiedere il consenso per l’uso. Ciò, ovviamente, sempre che non sussista mala fede da parte del terzo, ossia che questo non fosse comunque a conoscenza della provenienza dell’opera. 

Pertanto, la sentenza ha statuito che, in tali casi, le fotografie sono utilizzabili e riproducibili liberamente e legittimamente da chiunque, senza dover chiedere autorizzazioni né corrispondere i compensi di cui agli artt. 91 e 98 LDA.

È interessante peraltro notare che, secondo il Tribunale, non solo non è sufficiente, per considerare le foto munite delle informazioni di cui all’art. 90 LDA, che  queste siano rinvenibili accedendo ad un’area privata di un database (poiché la maggioranza degli utenti non sarebbe a conoscenza della relativa password), ma non basta neanche che – come nel caso in esame – gli esemplari fotografici riportino sul margine inferiore l’indicazione di siti proprietari, cessionari di diritti o terzi, nonché la generica avvertenza, inserita da Google Immagini, che le foto stesse possono essere soggette a copyright. Questo avviso, infatti, è apposto genericamente da Google a qualsiasi immagine reperibile sul motore di ricerca, quindi non può di per sé fondare la mala fede del riproduttore, che richiede invece una comprovata conoscenza degli altrui diritti connessi al diritto d’autore sull’immagine stessa.

Per concludere, può sottolinearsi come la sentenza in commento e il principio sancito, difforme da quanto stabilito in precedenti sentenze maggiormente protettive delle fotografie semplici, contribuiscano a porre un limite al fenomeno del c.d. copyright troll, ossia la ricerca a tutti i costi di violazioni di copyright per ottenerne vantaggi economici. Viene, al contrario, data prevalenza all’affidamento degli utenti nell’era digitale: considerata la facilità con cui le immagini possono circolare ed essere diffuse e condivise sul web, il copyright deve risultare in modo chiaro e oggettivo dalle stesse, pertanto è responsabilità degli autori delle foto adottare adeguate misure (anche tecnologiche, come il watermark), necessarie per proteggere i loro diritti.

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