Contratto di mandato e diritto di recesso nel mondo dello sport. Una recente decisione del Collegio di Garanzia dello Sport del Coni

Il Collegio di Garanzia dello Sport del Coni si è di recente pronunciato con lodo arbitrale in merito a una controversia sorta tra un agente sportivo e un suo ex assistito, Claudio Cassano, giovane prospetto del calcio italiano attualmente militante in Serie B nel Cittadella. La lite è sorta in relazione ad una clausola contrattuale inserita nel contratto di mandato stipulato tra le parti, con durata fino al 31 dicembre 2024, che prevedeva la possibilità per entrambi i contraenti di recedere senza giusta causa a fronte del pagamento di una somma consensualmente determinata in zero euro.

L’ex agente del calciatore, a seguire dell’esercizio di tale clausola da parte del giovane, adiva il Collegio di Garanzia dello Sport, chiedendo la condanna del convenuto al pagamento di € 80.000, ritenendo il recesso illegittimo poiché in violazione dell’art. 1725 c.c. che, in relazione ai contratti di mandato a tempo determinato, prevede un obbligo al risarcimento del danno ove il recesso anticipato avvenga senza giusta causa. Nel caso di specie, il calciatore si era limitato a giustificare il recesso sulla base di sopraggiunte divergenze circa possibili sviluppi di carriera.

Il calciatore professionista si costituiva contestando l’avversa pretesa, ritenendo che la previsione contrattuale fosse assolutamente valida e, di conseguenza, che non ci fossero motivi a sostegno della richiesta di risarcimento del danno.

Anzitutto il Collegio di Garanzia dello Sport ha chiarito che è libertà delle parti inserire nel contratto la clausola di recesso senza giusta causa, in deroga alla previsione di cui all’art. 1725 c.c., in forza del principio dell’autonomia negoziale ex art. 1322 c.c. In merito alla natura della clausola, secondo il Collegio di Garanzia, non si trattava né di una penale né tanto meno di una previsione rientrante all’interno dell’art. 1725 c.c., bensì di una semplice pattuizione di un corrispettivo per l’esercizio del diritto di recesso, nel caso specifico fissata in zero euro.

Il Collegio ha altresì ritenuto che la previsione di un costo pari a zero per l’esercizio del diritto di recesso non rendesse la clausola nulla per alterazione del principio di parità tra le parti, alla luce del fatto che la clausola era stata disposta a favore di tutte le parti.

Il Collegio, infine, ha tuttavia svolto una ulteriore valutazione in merito alle motivazioni che hanno portato il calciatore a recedere dal contratto di mandato. Il fatto che il recesso fosse avvenuto in modo repentino, in un arco temporale ravvicinato al nuovo ingaggio, e con una motivazione generica, ha portato l’organo giudicante a ritenere violati i principi contrattuali cardine della buona fede e della correttezza da parte del calciatore. Il Collegio ha infatti, ribadito che vige su ogni parte del contratto un dovere di solidarietà che “esplica la sua rilevanza nell’imporre a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio, il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge, sicché la violazione di tale regola di comportamento può discendere anche di per sé, un danno risarcibile”.

Per tale ragione, il Collegio di Garanzia, pur riconoscendo la validità del recesso basato sulla previsione contrattuale, ha parzialmente accolto il ricorso condannando il calciatore al pagamento della somma di € 30.000,00, compensando le spese di lite vista la novità della questione trattata.

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