L’EUIPO dichiara nullo il “Flower Thrower” di Banksy perché registrato in mala fede
Una recentissima decisione della Divisione Annullamento EUIPO (n. 33 843 C) ha dichiarato nullo il marchio n. 12575155 registrato dalla società Pest Control Office Ltd., che si occupa della gestione degli interessi del noto street artist Banksy, perché depositato in mala fede ai sensi dell’art. 59(1)(b) del Regolamento sul marchio UE n. 1001/2017. Il procedimento, promosso dalla società Full Colour Black Ltd., aveva ad oggetto il segno di seguito riprodotto, che ritrae il celebre graffito di Banksy denominato “Flower Thrower” (lo stesso segno, peraltro, è stato oggetto anche di una decisione del Tribunale di Milano del 2019, commentata qui su questo blog, ove il giudice non ha però accolto l’eccezione nullità del marchio per registrazione in mala fede, ritenendo quest’ultima non debitamente provata).
Secondo Full Colour Black la domanda di marchio in questione era esclusivamente finalizzata a monopolizzare l’opera di Banksy per un tempo indefinito, in totale spregio dei principi del diritto d’autore che, al contrario del marchio (rinnovabile senza limiti di tempo), concedono diritti limitati nel tempo. Nello specifico, pur ammettendo l’astratta registrabilità come marchio di opere del diritto d’autore, il ricorrente aveva affermato che una domanda di marchio non può essere diretta ad aggirare i limiti della normativa sul copyright. Tale obiettivo, invece, risultava con chiarezza dalle affermazioni dello stesso Banksy, che aveva precedentemente manifestato la sua intenzione di registrare l’opera come marchio con il preciso scopo di aggirare i vincoli della normativa sul copyright, che non gli avrebbero garantito la possibilità di preservare il proprio anonimato nel contesto di un eventuale contenzioso.
A supporto della sua tesi, Full Colour Black aveva allegato – tra l’altro – la mancata commercializzazione di prodotti recanti detto marchio fino all’instaurazione del giudizio di nullità sullo stesso, quando Banksy aveva inaugurato un negozio “vetrina” nel quale il pubblico poteva osservare le sue opere e successivamente acquistarle online. Tuttavia, lo stesso artista aveva poi pubblicamente ammesso che il temporary shop era un mero espediente per non soccombere nel giudizio di nullità promosso contro il marchio.
A fronte di tali argomenti, Pest Control aveva, da un lato, contestato la rilevanza delle prove relative alla sussistenza della mala fede, che riguardavano momenti molto antecedenti o successivi al deposito della domanda, laddove l’art. 59(1)(b) del Regolamento richiede invece la prova della sussistenza della mala fede al momento del deposito della domanda di registrazione. Dall’altro lato, la resistente aveva sostenuto che la necessità dell’artista di tutelare il proprio anonimato cercando protezione per l’opera nel contesto del diritto dei marchi, anziché del copyright, non dimostrava l’avvenuta registrazione in mala fede, ma anzi la legittimità del proprio fine.
Avallando le argomentazioni svolte da Full Colour Black, l’EUIPO ha accolto la domanda nullità del marchio.
L’Ufficio europeo ha anzitutto osservato che, pur in assenza di una definizione legale di “mala fede”, un marchio dell’UE può essere dichiarato invalido ai sensi dell’art. 59(1)(b) quando, ad esempio, il richiedente ha depositato la domanda senza nessuna intenzione di usare il marchio, oppure con lo scopo di farne un uso anticoncorrenziale, ovvero con l’intenzione di ottenere un diritto esclusivo per funzioni diverse da quelle tipiche di un marchio.
L’EUIPO ha poi rilevato che, sebbene la sussistenza della mala fede vada accertata con riferimento al momento del deposito della domanda di marchio, anche le condotte precedenti o successive al tale momento possono essere tenute in considerazione, se rilevanti ai fini della dimostrazione della mala fede stessa. Pertanto, le prove allegate da Full Colour Black a sostegno della domanda di nullità potevano essere tenute in considerazione, poiché dimostravano che il richiedente non stava cercando di inserirsi nel mercato di riferimento per commercializzare i beni oggetto della domanda con il marchio sopra raffigurato, ma solo tentando di aggirare i limiti della normativa sul copyright, come risultava dalle affermazioni dello stesso Banksy e del suo rappresentante. Secondo l’EUIPO, dunque, l’intenzione di Pest Limited e dello street artist era quella di ottenere un diritto esclusivo sul segno per scopi diversi dalla funzione (distintiva) cui un marchio è preposto e, per tali motivi, il marchio doveva ritenersi registrato in mala fede.