La mancata registrabilità del marchio “Pablo Escobar”: la recente decisione del Tribunale UE
Con sentenza del 17 aprile 2024, la Terza Sezione del Tribunale dell’Unione Europea ha rigettato il ricorso presentato dalla società Escobar Inc. avverso la decisione della quinta commissione di ricorso dell’EUIPO che aveva confermato il rigetto della domanda di deposito del marchio “Pablo Escobar”.
Per quanto qui di interesse, Pablo Escobar è stato un noto criminale colombiano passato alla ribalta per il suo legame con il mondo della droga e del narcotraffico tanto da essere definito “l’imperatore della cocaina” e diventare il più ricco criminale della storia. Nonostante la sua attività, Pablo Escobar ha acquisito molta notorietà nel proprio Paese tanto da venire eletto nel 1982 alla Camera dei rappresentanti della Colombia.
Nel dettaglio, la vicenda trae origine dal deposito da parte della Escobar Inc. della domanda di registrazione del marchio denominativo “Pablo Escobar” per le classi 3, 5, 9, 10, da 12 a 16, 18, 20, 21, da 24 a 26 e da 28 a 45 dell'Accordo di Nizza. Con decisione del 1° giugno 2022, l’esaminatore EUIPO ha respinto la domanda sulla base dell’art. 7, paragrafo 1, lettera f del Reg. 2017/1001, ai sensi della quale sono esclusi dalla registrazione i marchi contrari all’ordine pubblico o al buon costume.
La richiedente, non condividendo l’analisi effettuata dall’esaminatore, ha presentato ricorso innanzi all’EUIPO il quale, tuttavia, ha confermato la precedente decisione sulla base della percezione che il pubblico avrebbe avuto di tale segno, visto il legame tra Pablo Escobar e il mondo del narcotraffico.
La società Escobar Inc. ha quindi impugnato anche tale ultima decisione dinanzi al Tribunale dell'Unione Europea, basando il ricorso su tre differenti motivi: a) errata applicazione dell'articolo 7, paragrafo 1, lettera f), del regolamento 2017/1001; b) violazione dell’art. 94, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001 per mancato rispetto dell’obbligo di motivazione della decisione; c) violazione del diritto alla presunzione di innocenza, sancito dall'articolo 48, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.
Con riguardo al primo motivo la ricorrente ha sostenuto che, in assenza di una precisa definizione di ordine pubblico e di buon costume, la giurisprudenza europea si è orientata nel senso di applicare in modo restrittivo tali concetti. Di conseguenza, secondo la Escobar Inc., affinché sussistano gli estremi per dichiarare un segno in contrasto con l'articolo 7, paragrafo 1, lettera f), del regolamento 2017/1001, è necessario che il marchio sia percepito come incompatibile con i valori morali fondamentali dell’Unione Europea.
Nel caso di specie, secondo la ricorrente, l’EUIPO avrebbe applicato in modo troppo liberale il concetto di ordine pubblico e buon costume, prendendo come riferimento esclusivamente una parte ristretta del pubblico di nazionalità spagnola. Inoltre, la commissione di ricorso non avrebbe tenuto conto del fatto che i nomi di personaggi iconici non possono rientrare nell’ambito di applicazione della suddetta norma vista la natura simbolica che hanno acquisito nella cultura popolare tradizionale a seguito dei crimini realizzati (la Escobar Inc, ha infatti ricordato le registrazioni di marchi recanti i nomi di “Robin Hood”, “Al Capone” e “Bonnie and Clyde”). A parere della ricorrente questo dovrebbe valere anche per il segno “Pablo Escobar”, riferito ad un personaggio divenuto iconico non soltanto per la propria connessione con il Cartello di Medellin ma anche, a detta della ricorrente, per le buone azioni realizzate in favore del popolo colombiano.
In merito a tale primo motivo, il Tribunale Ue ha ritenuto che la decisione impugnata abbia correttamente preso come riferimento non la totalità del popolo spagnolo ma il modello di una persona ragionevole con soglie di sensibilità e tolleranza medie. Inoltre, la commissione di ricorso non si è limitata a prendere in considerazione esclusivamente il pubblico cui sono rivolti i beni e i servizi oggetto di registrazione ma anche soggetti che, senza interesse per tali prodotti o servizi, incidentalmente potrebbero vedere il segno distintivo. All’esito di tale analisi la Commissione ha correttamente ritenuto che una parte non trascurabile del pubblico spagnolo avrebbe associato il marchio richiesto al narcotraffico e al terrorismo. Pertanto, acconsentire alla registrazione di tale marchio avrebbe comportato la violazione di valori indivisibili e universali su cui si fonda l’Unione europea, quali la dignità umana, la libertà, l’uguaglianza e la solidarietà, nonché i principi della democrazia e della Stato di diritto e il diritto alla vita e all’integrità fisica. Inoltre, la circostanza che nomi di altri personaggi con precedenti penali fossero stati registrati come marchi dell’Unione Europea non può giustificare la tesi della ricorrente non essendo la commissione di ricorso vincolata a tali decisioni e dovendo essa pronunciarsi esclusivamente sulla base del regolamento 2017/1001.
Con riguardo al secondo motivo del ricorso, il Tribunale Ue ha ritenuto che la Commissione di ricorso in più punti della propria decisione abbia motivato in modo chiaro e inequivocabile il ragionamento che l’ha portata a concludere per la violazione dell’art. 7 del suddetto Regolamento. Ad esempio, in relazione ai precedenti citati dalla ricorrente, la commissione di ricorso ha chiarito che la domanda di registrazione del nome di Pablo Escobar come marchio dell'Unione europea non fosse paragonabile alle precedenti domande di registrazione invocate, poiché riguardavano nomi di presunti iconici criminali che avevano più a che fare con la storia che con l'attualità e il cui carattere offensivo era diminuito nel tempo.
Infine, per quanto concerne il terzo motivo d’impugnazione, il Tribunale ha specificato che il diritto fondamentale di Pablo Escobar alla presunzione di innocenza non è stato violato, in quanto, pur non essendo mai stato penalmente condannato, egli è pubblicamente percepito in Spagna come un simbolo della criminalità organizzata, responsabile di numerosi reati, anche a causa dell’immagine del personaggio creata da cinema e letteratura.