La Direttiva Green Claim
Lo scorso 26 marzo 2024 è entrata in vigore la Direttiva UE 2024/825 che riguarda la “responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell'informazione” e che modifica che modifica le direttive 2005/29/CE (elativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori) e 2011/83/UE (sui diritti dei consumatori).
L’obiettivo della recente direttiva è creare una normativa il più possibile uniforme all’interno della UE per la tutela dei consumatori e dell’ambiente: essa, infatti, introduce norme specifiche volte a contrastare le pratiche commerciali sleali che ingannano i consumatori e impediscono loro di compiere scelte di consumo sostenibili, quali le pratiche associate all’obsolescenza precoce dei beni, le asserzioni ambientali ingannevoli («greenwashing»), le informazioni ingannevoli sulle caratteristiche sociali dei prodotti o delle imprese degli operatori economici o i marchi di sostenibilità non trasparenti e non credibili.
In primo luogo, è riconosciuta come ingannevole la pratica commerciale che contiene informazioni false che riguardano anche “le caratteristiche ambientali o sociali” e “gli aspetti relativi alla circolarità, quali la durabilità, la riparabilità o la riciclabilità” (con modifica dell’art. 6 par. 1 della Direttiva 2005/29/CE). Ancora, sono state espressamente incluse fra le pratiche commerciali ingannevoli di cui all’art. 6 par. 2 della Direttiva 2005/29/CE “la formulazione di un’asserzione ambientale relativa a prestazioni ambientali future senza includere impegni chiari, oggettivi, pubblicamente disponibili e verificabili stabiliti in un piano di attuazione dettagliato e realistico che includa obiettivi misurabili e con scadenze precise come pure altri elementi pertinenti necessari per sostenerne l’attuazione, come l’assegnazione delle risorse, e che sia verificato periodicamente da un terzo indipendente, le cui conclusioni sono messe a disposizione dei consumatori” e “la pubblicizzazione come vantaggi per i consumatori di elementi irrilevanti che non derivano dalle caratteristiche del prodotto o dell’impresa”.
Sono poi state introdotte nuove pratiche nella black list delle pratiche commerciali ingannevoli di cui all’Allegato I della Direttiva 2005/29/CE come ad esempio esibire un marchio di sostenibilità non basato su un sistema di certificazione, formulare un’asserzione ambientale generica per cui l’operatore economico non è in grado di dimostrare l’eccellenza riconosciuta delle prestazioni ambientali indicate, asserire, sulla base della compensazione delle emissioni di gas a effetto serra, che un prodotto ha un impatto neutro, ridotto o positivo sull’ambiente in termini di emissioni di gas a effetto serra etc.
Con riferimento in particolare ai marchi di sostenibilità, è vietata l’esibizione di tali marchi se non basati su un sistema di certificazione o se non stabiliti da autorità pubbliche (es. Made Green in Italy). Prima di esibire un marchio di sostenibilità, l’operatore economico deve garantire che tale marchio soddisfi condizioni minime di trasparenza e credibilità, compresa l’esistenza di un controllo obiettivo della conformità ai requisiti del sistema, effettuata da soggetti terzi.
Per quanto concerne i “green claims” generici (es: “ecocompatibile”, "amico dell'ambiente" etc.), essi sono generalmente vietati, a meno che l’operatore non sia in grado di dimostrare l’eccellenza riconosciuta delle prestazioni ambientali pertinenti.
Gli stati membri dovranno attuare la direttiva entro il 27 settembre 2026, anche se va considerato che alcune delle pratiche ingannevoli indicate nella nuova normativa sono già oggi punite dall’AGCM in quanti ritenute violazioni delle disposizioni del nostro codice del consumo sulla pubblicità ingannevole.