La Corte di Giustizia UE sulla violazione dei diritti della personalità via internet

Con sentenza odierna, la Corte di Giustizia UE (CGUE) si è pronunciata, nelle cause riunite C-509/09 e C-161/10, in materia di lesione dei diritti della personalità via internet, indicando davanti a quale tribunale debba agire il soggetto i cui diritti sono stati lesi per ottenere il risarcimento del danno.

Le vertenze riunite da cui trae origine la sentenza nascevano l’una dalla pubblicazione, sul portale della società austriaca eDate Advertising www.rainbow.at, di informazioni relative agli atti di un procedimento tedesco che aveva portato alla condanna all’ergastolo per omicidio di due fratelli domiciliati in Germania; l’altra dalla pubblicazione sul sito internet del Sunday Mirror di un articolo dal titolo “Kylie Minogue è di nuovo con Olivier Martinez”. In entrambi i casi, i soggetti che assumevano la violazione dei propri diritti (l’ergastolano per diffamazione; Olivier Martinez per violazione della sua privacy e diritto all’immagine) avevano agito in giudizio avanti alle proprie autorità nazionali, ma le controparti avevano contestato la competenza di queste ultime, affermando che i procedimenti avrebbero dovuto invece essere avviati avanti ai tribunali del loro Stato di residenza, secondo il principio generale per cui competente a decidere una causa è il giudice del luogo di residenza del convenuto.(…)

Nella sua sentenza in questione, la Corte ha disatteso le difese dei titolari dei siti internet affermando che correttamente i soggetti che lamentavano la lesione dei propri diritti avevano agito davanti ai tribunali del proprio stato di residenza. Infatti, dice la CGUE, la pubblicazione di contenuti via internet si distingue dalla diffusione − circoscritta territorialmente − di un testo a stampa, in quanto detti contenuti possono essere consultati istantaneamente da un numero indefinito di internauti, ovunque nel mondo. Ciò da un lato può aumentare la gravità delle violazioni dei diritti della personalità e, dall’altro, rende estremamente difficile individuare i luoghi in cui si concretizza il danno derivante da tali violazioni. D’altro canto, l’impatto di un’informazione messa in rete sui diritti della personalità di un soggetto può essere valutata meglio dal giudice del luogo in cui la vittima possiede il proprio centro di interessi (ovvero il luogo di sua residenza), il quale è dunque competente per statuire sulla totalità dei danni causati sul territorio dell’Unione europea.

In alternativa, dice la Corte, la persona lesa può anche adire, sempre per chiedere il risarcimento della totalità del danno cagionato nella UE, i giudici dello Stato membro del luogo in cui è stabilito il soggetto che ha messo tali contenuti in rete. Infine, la vittima può anche decidere di avviare, anzichè un’unica un’azione di risarcimento per la totalità del danno, diversi giudizi in ciascuno Stato membro sul cui territorio l’’informazione messa in rete sia stata resa accessibile: in tal caso, ciascun giudice sarà competenti a conoscere del solo danno causato sul territorio dello Stato in cui egli si trova.

La CGUE precisa comunque che, in osservanza della Direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico e del principio della libera prestazione di servizi, il titolare del sito web in quanto prestatore di un servizio del commercio elettronico non può generalmente essere soggetto, nello Stato membro ospitante, a prescrizioni più rigorose di quelle previste dal diritto dello Stato membro in cui egli è stabilito.

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