La CGUE sulla coesistenza di diritti anteriori locali non registrati con marchi nazionali registrati successivi
Con sentenza del 2 giugno 2022 in C-112/21, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) si è pronunciata sull’interpretazione dell’art. 6(2) della direttiva 2008/95/CE, che regola la limitazione degli effetti di un marchio registrato (oggi riprodotto nell’art. 14(3) della direttiva 2015/2436/UE che ha sostituito la precedente).
La decisione sorge dalla domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dalla Corte Suprema dei Paesi Bassi nell’ambito di una controversia tra due aziende di pullman appartenenti rispettivamente a zio e nipoti e utilizzanti il comune cognome degli stessi come segno distintivo: X BV, da un lato, e Classic Coach Company VOF dall’altro lato.
In sostanza, la X BV sin dagli anni Settanta utilizza quale nome commerciale il cognome del suo titolare, che nel 2008 ha anche registrato come marchio denominativo nazionale del Benelux. Lo stesso cognome viene utilizzato da qualche anno sul retro degli autobus della Classic Coach, fondata nel 1995 dai nipoti del titolare di X BV in prosecuzione dell’attività del padre (fratello del fondatore di X BV), che già da prima utilizzava tale cognome sui propri autobus.
X BV ha chiesto al Tribunale dell’Aia la condanna di Classic Coach a porre fine a qualsiasi contraffazione del proprio marchio denominativo e nome commerciale. Nella propria difesa, Classic Coach ha tra l’altro fatto richiamo alla norma nazionale di recepimento dell’articolo 6 (2) della direttiva 2088/95, secondo cui il titolare di un marchio registrato non può vietare l’uso di un segno simile anteriore di rilevanza locale riconosciuto dallo Stato.
La questione è approdata innanzi alla Corte Suprema olandese, la quale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla CGUE due questioni pregiudiziali, ritenendo sussistere un dubbio interpretativo circa (i) il significato e la portata di “diritto anteriore” rispetto ad un marchio registrato posteriore ai sensi dell’articolo 6 (2) della direttiva 2008/95 e (ii) il rapporto di gerarchia tra diritti anteriori coesistenti.
In merito alla prima questione pregiudiziale, il dubbio del Giudice del rinvio era se il “diritto anteriore” a cui la norma si riferisce sia quello che dà al suo titolare il diritto di vietare l’uso del marchio registrato successivo. La CGUE ha risposto negativamente, affermando che, affinché un diritto anteriore possa essere opponibile al titolare del marchio registrato posteriore, è sufficiente che esso possieda i requisiti dell’anteriorità, dell’uso commerciale nonché locale e che sia riconosciuto quale privativa industriale dallo Stato membro in cui è fatto valere. Non è invece necessario che siffatto diritto sia da ostacolo alla registrazione del marchio successivo o causa di nullità della stessa.
In merito al secondo quesito, il dubbio del Giudice del rinvio era se tale “diritto anteriore” possa essere riconosciuto a un terzo nel caso in cui il titolare del marchio di impresa registrato successivo detenga altresì un diritto ancora più risalente. In merito, la CGUE ha precisato che il diritto dell’Unione disciplina i conflitti tra marchi registrati e diritti anteriori, e non anche i conflitti tra segni che costituiscano “diritti anteriori” ai sensi dell’art. 6.2 della direttiva: questi ultimi sono delegati alla normativa nazionale dello Stato membro interessato. In sostanza, quindi, un diritto ancora precedente al “diritto anteriore” in questione può escludere l’esistenza di tale diritto anteriore ove il primo sia riconosciuto dalla normativa nazionale e sia tutelato nel momento in cui viene fatto valere, ciò che spetta al Giudice nazionale verificare sulla base del proprio diritto nazionale. Qualora ne dovesse emergere che il diritto ancora precedente non possa essere fatto valere nei confronti del diritto anteriore del marchio, es. per preclusione per tolleranza, allora non vi sarebbero impedimenti al riconoscimento del “diritto anteriore” del terzo ai sensi dell’art. 6.2 summenzionato.