La CGUE in Actavis vs. Boehringer sui certificati protettivi complementari

Lo scorso 12 marzo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (“CGUE”) si è pronunciata sulla possibilità di rilasciare un valido certificato protettivo complementare (“CPC”) su una combinazione due principi attivi, uno oggetto del brevetto di base (e già coperto da un CPC) e l’altro in pubblico dominio ma rivendicato nel brevetto in combinazione con il principio oggetto dell’invenzione. La questione, discussa nel procedimento C-577/13, è per molti versi analoga a quella decisa dalla medesima CGUE nel caso C-443/12 (Actavis v. Sanofi), di cui abbiamo parlato qui in questo blog.

Il caso da cui origina la pronuncia vede contrapposte le aziende farmaceutiche Actavis e Boehringer Ingelheim. La seconda, titolare di brevetto sul principio attivo antipertensivo “telmisartan”, aveva ottenuto un primo CPC per tale principio attivo contenuto nel medicinale “Micardis”, scaduto nel 2013. Successivamente, essa aveva ottenuto un secondo CPC, in scadenza nel 2017, per la combinazione del telmisartan con il diuretico “idroclorotiazide” (che però era in pubblico dominio), combinazione rivendicata in una delle rivendicazioni del brevetto di base e contenuta nel medicinale “MicardisPlus”. Actavis aveva tuttavia contestato la validità di tale secondo CPC sulla base dell’art. 3 del Regolamento UE n. 469/09, in base al quale un valido CPC può essere concesso solo se il prodotto (alias “il principio attivo o la combinazione dei principi attivi di un medicinale”) “è protetto da un brevetto di base in vigore” (art. 3(a)) e “non è già stato oggetto di un certificato” (art. 3(c)).

La questione fondamentale oggetto di discussione era in sostanza se il prodotto dato dalla combinazione di telmisartan + idroclorotiazide potesse essere considerato un prodotto protetto “in quanto tale” dal brevetto di base sul telmisartan, come richiesto dalla combinazione degli artt. 1(c) e 3(a) del Regolamento UE n. 469/09 perché potesse essere emesso un valido CPC su tale prodotto. Secondo Boheringer, il fatto che tale combinazione fosse rivendicata dal brevetto era sufficiente a soddisfare tale requisito, ciò che Actavis contestava sulla base del fatto che l’idroclorotiazide non costituiva oggetto dell’invenzione brevettata ma era invece in pubblico dominio: la combinazione dei due principi non poteva costituire perciò, ai fini del rilascio del CPC, un “prodotto” diverso dal solo telmisartan che era già stato oggetto di CPC.

Per rispondere alla domanda avanzata in merito dal Giudice (inglese) del rinvio, la CGUE premette innanzitutto che “un brevetto che protegge svariati «prodotti» diversi può certo consentire in via di principio di ottenere più CPC in relazione a ciascuno dei suddetti prodotti diversi, nei limiti in cui, segnatamente, ciascuno di questi ultimi sia «protetto» in quanto tale da detto «brevetto di base»” (come già chiarito in C-484/12 e in C-443/12).

In secondo luogo, la Corte ricorda che “il CPC è diretto a ristabilire una durata di tutela effettiva sufficiente di un brevetto di base, permettendo al suo titolare di beneficiare di un periodo di esclusiva aggiuntivo alla scadenza del suo brevetto, destinato a compensare, almeno parzialmente, il ritardo accumulato nello sfruttamento commerciale della sua invenzione a causa del lasso di tempo intercorso tra la data di deposito della domanda di brevetto e quella del rilascio della prima AIC nell’Unione europea”. Tuttavia, precisa la Corte, l’obiettivo del CPC “non è quello di compensare integralmente i ritardi accumulati nella commercializzazione di un’invenzione né di compensare tali ritardi con riferimento a tutte le forme di commercializzazione possibili di detta invenzione, tra cui la forma di composizioni declinate a partire dal medesimo principio attivo”. Di conseguenza, come già affermato in C-443/12, “non può ammettersi che al titolare di un brevetto di base in vigore sia rilasciato un nuovo CPC, eventualmente dotato di un periodo di validità più esteso, ogni volta che questi immette in commercio in uno Stato membro un medicinale contenente, da un lato, un principio attivo, protetto in quanto tale dal suo brevetto di base e che costituisce l’oggetto dell’invenzione di tale brevetto, e, dall’altro, un’altra sostanza, che non costituisce l’oggetto dell’invenzione tutelata dal brevetto di base”.

Ne deriva, conclude la CGUE, che perché un prodotto possa considerarsi “protetto in quanto tale” da un brevetto di base e quindi meritevole di un CPC, tale prodotto (principio attivo) “deve costituire l’oggetto dell’invenzione tutelata da detto brevetto”. Di conseguenza, “qualora un brevetto di base includa una rivendicazione di un prodotto contenente un principio attivo che costituisce l’unico oggetto dell’invenzione, per il quale è già stato rilasciato un CPC al titolare di tale brevetto, nonché una rivendicazione ulteriore di un prodotto contenente una composizione di tale principio attivo con un’altra sostanza”, non potrà essere rilasciato un secondo CPC relativo a detta composizione.

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