La Cassazione sulla responsabilità dell’hosting provider attivo e sul danno in re ipsa per violazione dei diritti di esclusiva

Con l’ordinanza del 13 dicembre 2021 n. 39763, la Corte di Cassazione ha ribadito importanti principi in tema di responsabilità dell’hosting provider attivo e di risarcimento del danno da violazione di diritti d’autore, confermando le conclusioni raggiunte già in precedenza da Tribunale e Corte d’Appello di Roma.

Nel caso in commento, RETI TELEVISIVE ITALIANE S.p.A (RTI) aveva agito in giudizio contro la società statunitense TMFT ENTERPRISES llc-Break Media (Break Media) lamentando che questa avesse, senza autorizzazione, ospitato sul proprio portale 40 filmati caricati dai suoi utenti ed estratti da diverse puntate di programmi televisivi di RTI, così violando i propri diritti di proprietà intellettuale. Il Tribunale di Roma aveva ravvisato nelle condotte della convenuta la lesione dei diritti d’autore di RTI ai sensi degli artt. 78 ter e 79 l.d.a, condannando la convenuta al risarcimento del danno liquidato nella somma di Euro € 115.000,00. La pronuncia era stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello romana, e quindi impugnata avanti alla Corte di Cassazione da Break Media.

Con la pronuncia in esame, la Cassazione ha, anzitutto, posto l’attenzione sulla figura dell’hosting provider attivo, già identificato dalla giurisprudenza nel “prestatore di servizi della società dell’informazione che svolge un’attività che esula da un servizio di ordine meramente tecnico, automatico e passivo, e pone in essere una condotta attiva, concorrendo con altri nella commissione dell’illecito”. In quanto tale, questi è sottratto al regime generale di esenzione di cui al D.lgs 70/2003, art. 16, riferito esclusivamente all’hosting provider passivo ovvero la cui condotta è invece meramente neutra, meccanica e passiva. La responsabilità dell’hosting attivo soggiace, quindi, alle normali previsioni in materia di responsabilità civile per il concorso nella divulgazione di prodotti illeciti.

Nel caso di specie, la Corte rileva che la consulenza tecnica d’ufficio svolta in sede di merito aveva individuato nelle attività di Break Media una serie di indici di condotta “attiva”, quali “ […] (a) la cernita dei contenuti audio-video a fini pubblicitari; (b) lo sviluppo di un sistema operativo incompatibile con la figura dell’hosting provider passivo; (c) la creazione e la distribuzione di contenuti di intrattenimento digitali collegati alla selezione dei contenuti e collocati nella home page; (d) la presenza di una sorta di editorial team, ossia un gruppo di persone addetto proprio alla cernita dei contenuti a fini pubblicitari”. Da tali elementi, afferma la Corte, si evince l’intenzione della società ricorrente a concorrere e collaborare col terzo nell’illecito.

Confermata così, in capo alla società Break Media, la natura di hosting provider attivo, la Cassazione ne ha confermato anche la responsabilità per violazione dei diritti di proprietà intellettuale della società RTI.

La Suprema Corte sì è poi pronunciata in tema di risarcimento equitativo del danno, ove questo non possa essere determinato nel suo esatto ammontare, precisando che l’articolo 158 l.d.a individua un duplice criterio per la sua quantificazione e, più precisamente, la retroversione degli utili e il cd. “prezzo del consenso”.

Il primo criterio consente di individuare concretamente i vantaggi economici che l’autore della violazione ha realizzato, comprensivi “dell’eventuale costo riferibile all’acquisto dei diritti di sfruttamento economico dell’opera, ma ulteriormente maggiorati dai ricavi conseguiti dall’autore della violazione sul mercato”. Si tratta di uno strumento inteso a calcolare i guadagni effettivi conseguiti dall’autore della violazione a fronte dello sfruttamento economico dell’altrui opera. che, in adempimento dei normali principi in tema di onere della prova, richiede la dimostrazione degli utili percepiti dall’autore della violazione.

Il secondo criterio, invece, che costituisce “la soglia minima di ristoro” dovuto alla titolare dei diritti, consente di liquidare il danno sulla base delle royalty che avrebbero dovuto essere riconosciute ad essa in presenza di una licenza, tra le parti, dell’opera violata. Esso prevede una diagnosi postuma del probabile valore del diritto d’autore sul mercato al tempo della violazione, tenuto conto de (i) i prezzi nel settore specifico; (ii) il pregio intrinseco dell’opera; (ii) il profitto realizzato dal titolare dell’opera nel periodo di sua legittima utilizzazione; (iii) ogni altro elemento concreto.

Su queste basi, la Corte di Cassazione, accertata la violazione dei diritti d’autore e la relativa responsabilità in capo alla società Break Media quale hosting provider attivo, ha confermato la sua condanna al risarcimento del danno secondo il criterio del “prezzo del consenso” e condannato Break Media al pagamento delle spese del giudizio.

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La tutela autoriale dei cartoni Disney: l’ordinanza n. 33598/2021 della Corte di Cassazione.

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