La Cassazione estende al design la tutela contro la “vendita di prodotti con segni mendaci”
Con decisione n. 6254 del 21 febbraio 2011 la Corte di Cassazione Penale ha stabilito un importante principio a rafforzamento della tutela dell’industrial design, sancendo l’applicabilità ad esso dell’art. 517 c.p.
La norma in questione afferma che “Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell’ingegno o prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il compratore sull’origine, provenienza o qualità dell’opera o del prodotto, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a ventimila euro“. (…)
La previsione si trova nel capo del codice penale dedicato ai “delitti contro l’industria e il commercio”, a differenza della norma che punisce la contraffazione di marchi, brevetti, disegni o modelli (art. 473 c.p.) contenuta nel capo dei delitti contro la fede pubblica. Nel caso di prodotti di design, tuttavia, tradizionalmente si riteneva che la norma fosse applicabile non al prodotto in sè ma al prodotto che presentasse dei marchi contraffatti o comunque decettivi. (…)
La decisione della Corte di Cassazione riconosce invece l’applicabilità della norma agli oggetti di design a prescindere dalla presenza di marchi decettivi. Infatti, secondo la Suprema Corte, gli oggetti di design hanno di per sè come segno distintivo “la stretta correlazione tra aspetti prettamente industriali e sensibilità artistica dell’autore, che ne determinano la originalità e la riconoscibilità da parte dei consumatori“; tale segno distintivo “ne consente l’esatta individuazione e, conseguentemente, garantisce la loro originalità e la provenienza da un determinato produttore“. Di conseguenza, il solo fatto di commercializzare prodotti di design non originali, a prescindere dal marchio eventualmente apposto sugli stessi, può costituire reato ai sensi dell’art. 517 c.p.