Il Tribunale di Brescia: l’accesso abusivo al sistema informatico è reato solo in presenza di finalità illecite

Il GIP del Tribunale di Brescia con sentenza n. 293/11 del 3-30 marzo 2011 si è pronunciato sul reato di accesso abusivo a sistema informatico di cui all’art. 615ter c.p., che punisce “Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo“.

Il caso di specie vedeva imputato un membro della Sezione di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Brescia il quale in tale veste era abilitato ad accedere al sistema informatico di gestione dei Registri Penali. Il reato in questione gli era contestato poiché egli si era però introdotto nel sistema per scopi meramente personali, al fine di effettuare interrogazioni su alcuni nominativi e accedere ai dati del procedimento in cui tali soggetti erano indagati, senza che la ricerca fosse giustificata da alcuna motivazione d’ufficio. (…)

L’imputato, dopo avere ammesso di avere commesso il fatto, aveva  precisato che l’interrogazione sui nominativi in questione era il frutto di una semplice curiosità, versione a cui anche il PM aveva creduto alla luce del fatto che egli non aveva fatto alcun uso delle informazioni così acquisite. Il PM si era tuttavia riportato “alla prevalente giurisprudenza della Corte di Cassazione, per la quale commette il reato previsto dall’art. 615-ter c.p. non solo chi non abbia titolo per accedere al sistema, ma anche chi, pur avendo titolo, lo utilizzi per finalità diverse da quelle consentite; tanto che anche la semplice curiosità sulla situazione di un collega integrerebbe un accesso abusivo e quindi penalmente rilevante“.

Di diverso avviso il GIP bresciano, che rileva come i casi precedentemente decisi dalla Cassazione non avessero ad oggetto semplicemente l’accesso al sistema informatico di per sè considerato, bensì sempre un accesso legato a finalità illecite (es. per estrarre copia dei contenuti nel sistema ed utilizzarli per attività di concorrenza sleale). Di conseguenza, afferma il GIP, “il concetto di ‘finalità diverse da quelle consentite’ va necessariamente circoscritto alle finalità illecite: ad accessi che costituiscano quanto meno comportamenti sanzionabili sotto il profilo disciplinare, in quanto contrastanti con una specifica previsione di legge o di regolamento“. Poichè tale non appariva l’accesso effettuato dall’imputato, la sentenza in questione ha pronunciato a riguardo il “non luogo a procedere non essendo il fatto previsto dalla legge come reato“.

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