Il Partito Pirata chiede (e ottiene) tutela per la propria proprietà intellettuale

La Sezione Specializzata in Proprietà Intellettuale del Tribunale di Milano ha recentemente emesso un ordine di inibitoria per violazione di nome e marchio in un procedimento (R.G. 72111/2011) che appare peculiare per le parti coinvolte: a chiedere tutela per la propria denominazione e marchio è stata infatti la Associazione Partito Pirata (www.partito-pirata.it, di seguito “Partito Pirata”) che, in linea con gli analoghi partiti europei, ha come base fondamentale del suo programma la sostanziale abolizione della proprietà intellettuale.

Il marchio figurativo del Partito Pirata, costituito da una vela spiegata inserita in un cerchio assieme al simbolo tradizionale dei pirati (c.d. “jolly roger”), era stato infatti recentemente adottato anche dall’omonima “Associazione Partito Pirata” (www.pirateparty.it, di seguito “Pirateparty”), costituita nel 2011, che, si legge nell’ordinanza “sosteneva posizione ideologiche antitetiche a quelle del Partito Pirata sul tema di libertà della rete internet, sul diritto d’autore, ecc..“. Per tale ragione, sosteneva il Partito Pirata, si era ingenerata confusione su quale fosse il “vero” Partito Pirata, ragion per cui il ricorrente chiedeva tutela per il proprio nome e per il proprio marchio, chiedendo che la controparte fosse inibita da qualsiasi uso dei medesimi, anche in lingua straniera e anche come nome di dominio, con fissazione di penale per ogni successiva violazione di tali diritti. (…)

A fronte della domanda del Partito Pirata, il Giudice designato ha affermato che “l’identità della denominazione è del tutto evidente e sussiste una oggettiva rassomiglianza anche con riferimento alla dicitura in lingua inglese“, e che analoghe valutazioni vanno compiute con riferimento al marchio figurativo del Partito Pirata, riprodotto in maniera identica dal Pirateparty. D’altro canto, è “espressamente riconosciuto dai resistenti che l’associazione Pirateparty sia stata costituita nel 2011, ovvero cinque anni dopo la ricorrente“. In aggiunta, rileva il Giudice, “Pirateparty ha pubblicamente espresso posizioni sui temi specifici del copyright e della libertà in rete opposte ed inconciliabili con le idee guida dell’azione politica del Partito Pirata. Da qui il rischio obiettivo di un pregiudizio per la ricorrente, derivante dalla possibile confusione presso l’opinione pubblica sulla identità del soggetto e sulla corretta identificazione della sua piattaforma programmatica e del suo più autentico connotato ideologico“.

Alla luce di tali considerazioni, rilevato che l’uso del nome e del marchio figuratico in questione da parte di Pirateparty creano un pregiudizio al Partito Pirata, il Giudice milanese ha quindi accolto il ricorso “con conseguente inibitoria ai resistenti di ogni ulteriore utilizzo dei nomi Partito Pirata, Pirateparty e/o Pirate Party, anche come nome di dominio internet, e di ogni impiego del segno grafico della vela rigonfia verso destra inserita in un cerchio“, nonchè con fissazione di penale per ogni violazione dell’inibitoria.

Al di là del contenuto giuridico della decisione, in sè in qualche modo “scontato”, ciò che colpisce è che la tutela della propria proprietà intellettuale venga chiesta da un partito che si fonda dichiaratamente sulla sua abolizione (o quantomeno estrema limitazione).

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