La Corte di Giustizia UE si pronuncia sui CPC di combinazione e rifiuta l’infringement test
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) si è pronunciata ieri sul certificato protettivo complementare (CPC) per i medicinali composti da più principi attivi nella causa C-322/10. La domanda di pronuncia pregiudiziale posta alla CGUE verteva in particolare sull’interpretazione dell’art. 3 del Regolamento (CE) n. 469/2009, il quale prevede tra l’altro che un valido CPC (titolo che estende la durata della protezione conferita dal brevetto di base) possa essere rilasciato solo se il relativo medicinale è coperto da: a) un brevetto di base in vigore; e b) una autorizzazione alla immissione in commercio (AIC) in corso di validità.
Nel caso da cui trae origine la pronuncia, l’emissione di 5 CPC richiesti all’ufficio brevetti dalla ricorrente era stata rifiutata per i primi 4 perchè i principi attivi del medicinale erano più numerosi di quelli indicati nel brevetto di base posto a sostegno della domanda di CCP, e quindi non erano tutti protetti da tale brevetto per cui non si riteneva soddisfatto il requisito dell’art. 3 a); per il quinto, perchè l’AIC riguardava medicinali che contenevano anche componenti e/o principi attivi diversi da quelli menzionati nella domanda di CPC, per cui non si riteneva soddisfatto il requisito dellart. 3 b). (…)
In risposta alla domanda, la CGUE rileva innanzitutto che, conformemente all’art. 5 del Regolamento, il CCP conferisce gli stessi diritti che vengono attribuiti dal brevetto di base ed è soggetto alle stesse limitazioni e agli stessi obblighi. “Ne consegue che l’art. 3, lett. a), del medesimo regolamento osta al rilascio di un CPC relativo a principi attivi non indicati nel testo delle rivendicazioni di tale brevetto di base“. Allo stesso modo, dice la Corte, “se un brevetto rivendica una composizione di due principi attivi, ma non contiene alcuna rivendicazione su uno di questi principi attivi singolarmente considerato, non può essere rilasciato un CPC sulla base di un simile brevetto per uno di tali principi attivi considerato isolatamente“. In relazione ai primi 4 CPC, la CGUE conferma quindi che non può essere rilasciato un CPC per un medicinale che contiene principi attivi non menzionati nel brevetto di base posto a sostegno della domanda di CPC.
Al contrario, in relazione al quinto CPC rifiutato, la CGUE rileva invece che la necessità, prevista dall’art. 3 b) Regolamento, che il medicinale sia coperto da un’AIC, “non esclude, di per sé, che l’AIC in questione possa coprire altri principi attivi eventualmente contenuti in un simile medicinale” che non siano rivendicati dal brevetto di base su cui la richiesta di CPC pure si fonda. Per tale ragione, non può essere rifiutato un CPC su un determinato prodotto per il solo fatto che la AIC copre altri principi attivi oltre a quelli per cui è richiesto il CPC.
Delle due questioni, in particolare quella relativa al requisito posto dall’art. 3 a) del Regolamento era in effetti ampiamente dibattuta, ed è affrontata recentemente anche dalla giurisprudenza italiana che aveva concluso in senso inverso rispetto alla CGUE. In sostanza ciò che si discuteva era se, per poter rilasciare un CPC su un prodotto contenente una combinazione di più principi attivi, fosse sufficiente che il medicinale violasse il brevetto di base (il c.d. “infringement test“, secondo cui un medicinale è protetto da un brevetto di base se viola il brevetto di base medesimo, il che non richiede che il brevetto di base rivendichi tutti i principi attivi del medicinale) o fosse necessario che tutti i principi attivi combinati fossero rivendicati dal brevetto di base. La CGUE ha ora evidentemente rigettato l’infringement test per aderire alla seconda impostazione.