Il Tribunale di Venezia tutela il marchio “Cleopatra” da contraffazione e concorrenza sleale
Il Tribunale di Venezia, con ordinanza del 26.11.2021, ha accordato tutela al marchio “Cleopatra”, registrato da un’imprenditrice croata e da questa licenziato alla propria società attiva nella produzione e commercializzazione di prodotti depilatori.
Il giudizio era stato avviato in via cautelare contro un concorrente che utilizzava il marchio “L’oro di Cleopatra” per preparati depilatori. Le ricorrenti sostenevano che ciò costituisse chiara violazione del proprio marchio, oltre che atto di concorrenza sleale ex art 2598 c.c.; chiedevano perciò che fosse ordinato alla controparte di cessare l’uso del marchio contestato e ritirare dal commercio i prodotti da esso contrassegnati.
La resistente si era difesa eccependo, in primo luogo, la nullità del marchio “Cleopatra” delle ricorrenti per carenza di distintività, poiché costituito dal “nome di un personaggio storico tanto noto ed emblematico di una categoria merceologica” e dunque “manchevole dei requisiti minimi di originalità tali da consentirgli una tutela giudiziaria”. In secondo luogo, aveva dedotto l’assenza di confondibilità tra i due marchi, date: i) la presenza di sufficienti elementi di differenziazione, come la locuzione “l’oro di” e il nome d’arte della resistente; e ii) la differenza di prezzo dei prodotti contrassegnati dai due marchi e il diverso pubblico di riferimento. La resistente aveva affermato peraltro inoltre che “Oro di Cleopatra” fosse termine descrittivo, e quindi liberamente utilizzabile, in quanto denominazione comune di un’antica tecnica epilatoria, che si riteneva fosse stata inventata proprio dagli egizi ed utilizzata anche dalla regina Cleopatra.
Nel decidere la controversia il Tribunale di Venezia ha, anzitutto, escluso che il marchio Cleopatra fosse privo di distintività e quindi nullo, precisando come un segno sia tale solo quando risulti “esclusivamente descrittivo dei prodotti e servizi per i quali è registrato, ovvero descrittivo delle caratteristiche di tali prodotti e servizi, oppure quando il suo uso nella prassi commerciale è assolutamente generalizzato per indicare quei prodotti e servizi”. Nel caso di specie, Il Tribunale ha rilevato come il semplice nome “Cleopatra” non risultasse in alcun modo descrittivo dei prodotti o servizi per i quali il marchio era registrato, né potesse alludere in qualche modo a tecniche di depilazione o a prodotti depilatori.
Il Tribunale è quindi passato alla comparazione dei segni delle parti ai fini di verificare la sussistenza della contraffazione, osservando che: i) dal punto di vista visivo e fonetico, i due segni sono molto simili, nonostante la presenza di altri elementi, poiché la parola posta maggiormente in evidenza nel marchio della resistente è comunque il segno “Cleopatra”, identico a quello delle ricorrenti; ii) anche dal punto di vista concettuale sussiste una similitudine fosse marcata, visto il riferimento di entrambi i segni al mondo della cura estetica e della bellezza. Verificata la sussistenza della somiglianza tra i segni in conflitto, il Tribunale ha valutato il rischio di confusione in via globale, e ha ritenuto sussistere la contraffazione, poiché sebbene il segno della ricorrente non fosse un segno “forte”, in quanto allusivo proprio dell’idea della cura della persona, la somiglianza tra i segni e l’utilizzo dei medesimi per contraddistinguere la stessa tipologia di prodotti fa sì che possa sussistere il rischio di confusione per il pubblico di riferimento. Il Tribunale ha peraltro ritenuto irrilevante, al fine di escludere il rischio di confusione, l’eventuale differenza di prezzo o di pubblico, precisando come tali differenze potrebbero essere facilmente ricollegate, dal pubblico di riferimento, a differenti “linee” del prodotto o servizio proposte dalla stessa impresa o da imprese associate.
Il Tribunale ha altresì ritenuto sussistere il requisito del periculum in mora, richiesto per l’emanazione del provvedimento in via d’urgenza, in quanto la prosecuzione dell’uso contraffattivo del marchio ad opera della resistente avrebbe potuto compromettere la valenza distintiva, già non elevata, del marchio “Cleopatra” delle ricorrenti.
Su queste basi, il Tribunale di Venezia, accertata la contraffazione del marchio internazionale “Cleopatra”, ha inibito la resistente dall’uso del marchio contestato, ordinandole la rimozione – es. da Facebook e altri portali – delle pubblicità relative ai suoi prodotti e il ritiro di quest’ultimi dal mercato, con fissazione di penale per ogni giorno di ritardo nell’ ottemperanza al provvedimento e con condanna al pagamento delle spese di lite.