Il Tribunale di Brescia si pronuncia sulla contraffazione di macchine per la palestra

Il Tribunale di Brescia, con sentenza dell’8 maggio 2024, ha accertato la contraffazione dei disegni comunitari e internazionali relativi alle macchine da palestra delle linee “Purestrength”, “Selection” e “Selection Pro”, da parte di tre soggetti che vendevano online le attrezzature in questione e/o le utilizzavano in palestre di proprietà, inibendo alle convenute l’utilizzo, la pubblicizzazione e la commercializzazione dei macchinari contraffattori, fissando una penale per ogni violazione dell’inibitoria, e ordinando alle convenute il ritiro definitivo dal commercio dei macchinari stessi.

(disegno comunitario n. 002438937-0001)



(disegno comunitario n. 002438937-0002)

L’attrice aveva già ottenuto in via cautelare nei confronti delle convenute la descrizione, l’inibitoria, il sequestro e il ritiro del commercio, agendo poi nel merito per l’accertamento definitivo degli illeciti, le interdittive definitive e il risarcimento del danno.

Nel confermare la contraffazione dei modelli registrati azionati dall’attrice, già accertata in via sommaria durante la fase cautelare, il Tribunale ha osservato che già il raffronto visivo bastava a rilevare l’identità tra i disegni registrati e i macchinari oggetto di censura. Il Tribunale ha respinto, in merito, la difesa delle convenute circa pretese differenze tra i macchinari commercializzati e i disegni registrati relative a peso, dimensioni, e colore, rilevando che il peso e le dimensioni dei macchinari sono già in astratto elementi inidonei ad escludere la contraffazione, in quanto esulano dall’ambito di protezione dei disegni comunitari, e sono quindi irrilevanti ai fini del giudizio di interferenza. Quanto al colore, il Tribunale ha osservato che le caratteristiche dei modelli registrati azionati non comprendevano un particolare colore e che in ogni caso l’utilizzo di un colore diverso non conferiva ai macchinari commercializzati dalle convenute un aspetto significativamente differente da quello oggetto di modello.

Il Giudice ha respinto anche l’argomentazione della buona fede, rivendicata nella forma della mancata conoscenza delle privative violate, rilevando che in materia di privative industriali titolate l’eventuale ignoranza di ledere il diritto altrui non dispiega alcuna efficacia scriminante.

Curiosamente, l’attrice in sede di p.c. aveva rinunciato alla domanda di condanna al risarcimento dei danni e chiesto in sua vece il mero accertamento del “credito risarcitorio”. Il Giudice ha dichiarato inammissibile tale ultima domanda per carenza di interesse, ovvero di apprezzabile utilità rispetto alla lesione allegata, in particolare perché l’accertamento richiesto:

a) non avrebbe rimosso alcuno stato di incertezza futura, essendosi la lesione ormai consumata e le conseguenze pregiudizievoli consolidate;

b) non avrebbe offerto alcun rimedio alle conseguenze della lesione, essendo necessaria una pronuncia giudiziale di condanna;

c) non avrebbe avuto alcun effetto sul piano sostanziale del diritto leso, dato che gli effetti interruttivi della prescrizione del diritto al risarcimento del danno discendono dalla comunicazione della volontà di esercitare tale diritto e che gli effetti interruttivi permanenti discendenti dalla proposizione della domanda giudiziale si protraggono fino alla definizione del giudizio;

d) non sarebbe stato comunque idoneo a scongiurare nuove violazioni in futuro, non presentando l’accertamento un contenuto di tipo inibitorio.

In conclusione, il Tribunale, accertata la contraffazione dei disegni comunitari e internazionale relativi alle macchine da palestra, ha inibito alle convenute l’utilizzo, la pubblicizzazione e la commercializzazione dei macchinari contraffattori, fissando per ciascuna convenuta una penale di € 1.000,00 per ogni violazione dell’inibitoria, e ordinando alle convenute il ritiro definitivo dal commercio e la distruzione dei suddetti macchinari contraffattori, con condanna alle spese.

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