Il “Grand Tour” della Cassazione in materia di danno patrimoniale e morale da violazione del diritto d’autore

La Suprema Corte ha recentemente dettato principi in materia di prova del danno, morale e patrimoniale, derivante da violazione del diritto d’autore. Nello specifico, si è dovuta esprimere su una decisione della Corte d’Appello di Genova riguardante una controversia circa la violazione dei diritti d’autore della mostra di dipinti e sculture «Viaggio in Italia. Un corteo magico dal Cinquecento al Novecento»: una rivisitazione artistica in chiave personale del tema del Grand Tour, tenutasi presso il Palazzo Ducale di Genova nel 2011.

La sentenza in questione, in parziale conferma della decisione del Tribunale, aveva condannato RAI SAT S.p.A. al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dagli autori per avere mandato in onda, senza il loro consenso e senza corrispondere alcun compenso, un servizio televisivo  non meramente informativo – a dispetto di quanto affermato da RAI SAT – non rispettoso dei contenuti della mostra, in evidente violazione dei diritti morali di autore: sarebbero, infatti, stati lesi sia il diritto alla paternità dell’esposizione che il diritto all’integrità della stessa. Quanto alla violazione dei diritti patrimoniali, invece, la Corte aveva ribaltato la decisione di primo grado, escludendo il risarcimento del danno patrimoniale in quanto ritenuto non provato dagli autori.

Contro tale decisione ricorrevano sia gli autori, in via principale, che RAI SAT, con ricorso incidentale.

I primi, inter alia, chiedevano che la decisione impugnata venisse cassata nella misura in cui aveva escluso il risarcimento del danno patrimoniale, formulando al riguardo il seguente quesito: “se, al fine di provare la sussistenza del danno patrimoniale derivato dallo sfruttamento non autorizzato per fini commerciali di un’opera (…) sia sufficiente provare: che lo sfruttamento per fini commerciali è stato posto in essere; che tale sfruttamento è avvenuto senza il consenso degli autori e che questi ultimi a fronte di tale sfruttamento non hanno percepito alcun compenso”.

RAI SAT, dal canto suo, denunciava nella decisione d’appello il fatto che il danno non patrimoniale liquidato dalla stessa non fosse stato provato dagli autori se non in modo del tutto generico: sarebbe, infatti, mancata la concreta indicazione di fatti, eventi derivati, malesseri o altro. Per questo, chiedeva ai Giudici di legittimità “se sia o meno consentito al Giudice di appello affermare e quantificare un danno non patrimoniale le volte in cui unico riferimento agli atti negato dalla stessa Corte sia l’indicazione in primo grado di un ‘turbamento d’animo’ (in capo al soggetto offeso).

Quanto al quesito posto dagli attori, i Giudici di legittimità si sono espressi richiamando il principio – stabilito dalla Corte già nel 2001 – “secondo il quale, in tema di tutela del diritto d’autore, la violazione di un diritto di esclusiva integra di per sé il danno, senza che incomba a chi ne abbia l’esclusiva altro onere probatorio che non sia quello relativo all’estensione del suddetto danno”; di conseguenza “quanto alla prova dell’entità del danno, si applicheranno le normali regole che prevedono, in via estrema, anche il ricorso alla liquidazione equitativa”. Su tale base, ha ritenuto di accogliere le ragioni degli autori.

Al contrario, il motivo di ricorso avanzato da RAI SAT è stato considerato infondato. La Cassazione ha, infatti, stabilito che in tal caso “il danno (deriva) dalla natura stessa del diritto personale d’autore che è stato leso”; la prova del danno morale dunque costituisce “una soluzione logico-giuridica strettamente dipendente e consequenziale rispetto a quella già data con l’accertamento dell’an relativo al danno patrimoniale conseguente ad una violazione del diritto autorale”.

Alla luce di quanto sopra, la Corte ha parzialmente cassato la decisione oggetto del ricorso solo nella misura in cui questa ha illegittimamente escluso il risarcimento del danno patrimoniale derivante dallo sfruttamento economico non autorizzato a fini commerciali del contenuto della mostra e ha quindi disposto il rinvio al giudice del merito perché tale danno venisse quantificato e liquidato agli autori.

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