Coronavirus: l’impatto sui contratti

L’emergenza Coronavirus impatta in vario modo sui contratti in essere, in particolare per due ordini di ragioni:

  1. sono stati emanati diversi provvedimenti normativi che vietano o limitano le attività commerciali e produttive;

  2. anche a prescindere da provvedimenti normativi, l’epidemia può costituire causa di forza maggiore che non consente di porre in essere la prestazione dovuta o la rende eccessivamente onerosa.

In conseguenza di ciò, potrebbe accadere che:

  1. chi deve eseguire una certa prestazione si trovi nell’impossibilità (definitiva o temporanea) di porla in essere, o chi deve riceverla sia nell’impossibilità di utilizzarla; o

  2. la prestazione di una delle parti diventi eccessivamente onerosa.

Dal punto di vista giuridico, le conseguenze per i contratti soggetti alla legge italiana sono quelle che seguono.

Impossibilità sopravvenuta

Qualora la prestazione sia divenuta impossibile:

  1. se l’impossibilità è totale e definitiva, l’obbligazione si estingue automaticamente, senza bisogno di agire in giudizio, e chi era tenuto a eseguirla va esente da responsabilità (art. 1256 co. 1 c.c.). D’altro canto, questi non potrà richiedere all’altra parte la controprestazione dovuta (es. pagamento) ovvero, se l’ha già ricevuta, dovrà restituirla (art. 1463 c.c.);

  2. se l’impossibilità è temporanea, l’esecuzione della prestazione potrà essere ripresa al venir meno dell’impossibilità medesima, senza responsabilità per il ritardo in capo a chi deve eseguirla. Tuttavia, l’obbligazione si estingue come sopra se l’impossibilità perdura fino a quando chi doveva eseguirla non può più esservi ritenuto obbligato, ovvero l’altra parte non ha più interesse a ottenerla (art. 1256 co. 2 c.c.).

Perché liberi da responsabilità chi deve adempiere, l’impossibilità deve essere assoluta e oggettiva e non corrispondere a una semplice maggiore difficoltà della prestazione né a una difficoltà di natura personale; inoltre, non deve dipendere da colpa del soggetto tenuto alla prestazione. Di conseguenza, ferma la necessità di valutare ogni caso singolarmente:

  • nei casi in cui l’esecuzione della prestazione è vietata per legge (c.d. “factum principis”), essa dovrebbe generalmente essere considerata impossibile e liberare da responsabilità ai sensi dell’art. 1256 c.c.;

  • nei casi in cui l’esecuzione della prestazione non è vietata per legge ma impedita di fatto dall’epidemia, si tratterà di stabilire se si può comunque pretendere dal debitore che compia lo sforzo necessario per adempiere. Ciò vale a prescindere dal fatto che nel contratto sia contenuta una pattuizione sulla forza maggiore, trattandosi di principio generale dell’ordinamento italiano;

  • nei casi in cui l’obbligo di eseguire la prestazione sia stato assunto quando già esisteva l’impedimento ovvero questo era prevedibile, l’impossibilità non dovrebbe avere effetto liberatorio e chi doveva eseguire la prestazione verrebbe probabilmente considerato responsabile dell’inadempimento.

L’impossibilità può riguardare anche chi deve ricevere la prestazione: se è impossibilitato a utilizzarla, ovvero se diventa irrealizzabile la finalità per cui questi aveva stipulato il contratto, l’obbligazione si estingue. Ciò non è espressamente stabilito dalla legge ma è un principio di costruzione giurisprudenziale (ex multis, Cass. Civ. n. 16315/2007 e Cass. Civ. n. 26598/2007).

Eccessiva onerosità sopravvenuta

Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto. Si tratta quindi di verificare, caso per caso, se, in presenza dell’emergenza Coronavirus:

  1. la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa;

  2. ciò è dovuto ad avvenimenti straordinari e imprevedibili.

Nell’ipotesi dell’eccessiva onerosità sopravvenuta, la risoluzione del contratto non avviene automaticamente ma richiede un’azione in giudizio. La parte contro cui è chiesta la risoluzione può evitarla offrendo di modificare il contratto in modo che torni equo.

Il rimedio della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta non si applica se la sopravvenuta onerosità rientra nei rischi normali del contratto stipulato.

Esempi pratici

_Impossibilità sopravvenuta di eseguire la prestazione per divieto normativo: potrebbe essere il caso, ad esempio, dell’azienda la cui chiusura è stata imposta per legge e che non può perciò fornire i prodotti e/o servizi pattuiti.

_Impossibilità sopravvenuta di eseguire la prestazione a causa dell’epidemia, anche in assenza di divieto normativo: potrebbe essere il caso, ad esempio, dell’azienda che, pur essendo aperta, non è in grado di produrre i propri prodotti perché essi richiedono componenti forniti da aziende chiuse, o perché il suo personale sciopera per i rischi a cui l’apertura aziendale li espone; ovvero non è in grado di consegnare i prodotti nelle zone più a rischio perché tutti i corrieri che le servono hanno sospeso le consegne in quelle zone.

_Impossibilità di ricevere la prestazione: potrebbe essere il caso, ad esempio, del soggetto che abbia prenotato una vacanza in una zona di villeggiatura ma non possa più recarvisi per il divieto di spostamento imposto per legge.

_Eccessiva onerosità sopravvenuta: potrebbe essere il caso, ad esempio, dell’azienda che, per procurarsi i materiali necessari a produrre i propri prodotti, deve sostenere costi molto più alti di quelli che avrebbe sostenuto in assenza dell’epidemia.

Elena Martini – elena.martini@martinimanna.com

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