CGUE: il sapore di un alimento non è tutelabile mediante diritto d’autore
Una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, pronunciata nel giudizio C-310/17 lo scorso 13 novembre, ha definito una questione pregiudiziale riguardante l’interpretazione della nozione di “opera” ai sensi della direttiva 2001/29/CE sul diritto d’autore e la possibilità (negata) di farvi rientrare il sapore di un alimento.
La controversia ha avuto origine dai seguenti fatti: l’”Heksenkaas”, formaggio spalmabile con erbe aromatiche a base di panna, viene prodotto dall’azienda Levola. Questa ha ritenuto che la produzione e commercializzazione sul territorio olandese di un formaggio denominato “Witte Wievenkaas” violasse i propri diritti d’autore sul sapore del proprio prodotto, risultato di una combinazione creativa di elementi, ed ha pertanto citato in giudizio la concorrente. Quest’ultima si è difesa affermando che il diritto d’autore tutela esclusivamente le opere che possono essere apprezzate visivamente o acusticamente, dovendosi anche considerare che l’instabilità dei prodotti alimentari (per esempio in relazione al tempo e alle condizioni climatiche), così come la percezione del tutto soggettiva di un sapore, rendono impossibile riconoscere in capo a chi lo “inventa” i diritti esclusivi attribuiti all’autore di un’opera creativa.
In primo grado, il ricorso di Levola è stato respinto. Il giudice d’Appello di fronte a cui è stata impugnata la decisione, invece, ha ritenuto fondamentale chiarire anzitutto se un sapore può costituire una creazione intellettuale tutelabile mediante diritto d’autore.Preso atto dell’assenza di un orientamento unitario in merito nelle giurisprudenze dei vari Stati membri, questi ha quindi adito la Corte di Giustizia UE, chiedendo di chiarire se la normativa comunitaria possa ostare alla tutela in esame.
Preliminarmente, la Corte di Giustizia ha sottolineato che, posto che la direttiva 2001/29/CE non rimanda al diritto degli Stati membri in merito alla determinazione della nozione di «opera», tale nozione deve essere interpretata in modo uniforme in tutta l’Unione Europea. Di conseguenza, il sapore di un alimento può essere tutelato dal diritto d’autore in forza della direttiva 2001/29 solo se può essere qualificato come «opera» ai sensi di tale direttiva.
“A questo proposito”, afferma la Corte, “affinché un oggetto possa essere qualificato come «opera», ai sensi della direttiva 2001/29, occorre che siano soddisfatte due condizioni cumulative. Da una parte, l’oggetto di cui trattasi dev’essere originale, nel senso che costituisce una creazione intellettuale propria del suo autore. Dall’altra parte, la qualificazione come «opera» ai sensi della direttiva 2001/29 è riservata agli elementi che sono espressione di una siffatta creazione intellettuale”. In tal senso, ai sensi direttiva 2001/29/CE ed in conformità con la Convenzione di Berna e il trattato OMPI cui l’UE è vincolata, la nozione di «opera» implica necessariamente una forma espressiva che, benché non necessariamente permanente nel tempo, sia quantomeno individuabile con sufficientemente precisione e obiettività.
Con riferimento al sapore di un alimento, la Corte ha ritenuto impossibile condurre un esame idoneo a identificare con la predetta obiettività e precisione l’oggetto della tutela. Infatti l’apprezzamento del sapore si basa principalmente su sensazioni ed esperienze gustative personali e mutevoli, che dipendono da una moltitudine di fattori: l’età della persona che assapora il prodotto, le sue preferenze alimentari e le sue abitudini di consumo, nonché l’ambiente o il contesto in cui tale prodotto viene assaggiato. In aggiunta, non è attualmente possibile stabilire con i mezzi tecnici disponibili lo specifico sapore di un alimento in modo tale che sia possibile distinguerlo da altri prodotti.
La Corte ha dunque concluso nel senso che, in base alla direttiva 2001/29/CE, il sapore di un alimento non può essere qualificato come opera tutelabile mediante il diritto d’autore. Infine, vista la necessità di garantire un’interpretazione ed applicazione uniforme del concetto nel territorio dell’Unione, la Corte ha stabilito che la stessa direttiva impedisce di interpretare la normativa nazionale in senso diverso da quanto appena detto.