Il Tribunale di Milano su divulgazione di provvedimenti giudiziali e concorrenza sleale

La recente sentenza n. 2173/2018 del Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia di impresa, ha analizzato la compatibilità con la normativa sulla concorrenza sleale della divulgazione di provvedimenti giudiziari, ovvero di notizie ad essi relative, effettuata su iniziativa della parte interessata (anziché a seguito di ordine del giudice, peraltro nel caso di specie richiesto ma non concesso).

Nell’esaminare la questione, i Giudici premettono che una simile diffusione di informazioni può in effetti integrare illecito concorrenziale ex art. art. 2598 c.c. qualora non rispetti le necessarie regole di correttezza e buona fede. Così, precisa la decisione, “tale attività viene considerata lecita in generale”, ma va posta in essere tenendo conto che, quando si afferma qualcosa specificando che è scritto in un provvedimento giudiziale, la notizia “acquista maggiore efficacia persuasiva ed è dunque tanto più idonea ad ingenerare, presso il pubblico, il convincimento della fondatezza delle affermazioni divulgate”.

Di conseguenza, devono essere adottate particolari cautele nella divulgazione, che “non deve essere attuata con modi e forme tali da ingenerare nei terzi una rappresentazione non corretta del contenuto del provvedimento o dell’andamento del giudizio. La comunicazione deve cioè evitare ogni tendenziosità, indicando tutte le circostanze e le precisazioni atte a formare, nei destinatari dell’informazione, una corretta opinione”. A tal fine, “il messaggio diffuso deve contenere tutti gli elementi che, sul piano obiettivo, concorrono a caratterizzare la situazione alla quale si riferisce il provvedimento giudiziario”. Perciò, ad esempio, nel comunicare l’esito di un procedimento vanno indicati anche tutti gli elementi che possano limitare o precisare l’ambito e l’intensità di efficacia del provvedimento conclusivo, specificandone anche l’eventuale natura cautelare.

Nel caso di specie, i Giudici hanno escluso che la divulgazione di informazioni contestata costituisse concorrenza sleale. Infatti, rileva la decisione, era chiarita correttamente la portata del provvedimento ottenuto, con specificazione della natura provvisoria dello stesso e della sua assoggettabilità a reclamo, e con precisazione che oggetto del provvedimento (nello specifico, di sequestro) erano sono soltanto alcuni dei prodotti della concorrente.

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