La CGUE su copia privata e equo compenso

Con sentenza dello scorso 27 giugno, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (“CGUE”) si è pronunciata nelle cause riunite da C-457/11 a C-460/11 aventi ad oggetto alcune domande di pronuncia pregiudiziale sollevate dalla Corte Federale di Giustizia tedesca (Bundesgerichtshof) nei procedimenti nazionali tra la VG Wort – società di gestione collettiva di diritti d’autore che rappresenta gli autori e gli editori di opere letterarie in Germania – e le note società produttrici di stampanti e personal computer Kyocera, Epson, Xerox, Canon, Fujitsu e Hewlett-Packard (le “Società”).

In particolare, nell’ambito di tali controversie, la VG Wort chiedeva che venisse accertato l’obbligo in capo alle Società di corrisponderle una remunerazione mediante diritto prelevato su stampanti, plotter e personal computer  commercializzati in Germania tra il 2001 e il 2007, dovendosi applicare l’art. 54a della legge sul diritto d’autore tedesca, secondo cui “se, a motivo della natura di un’opera, ci si può aspettare che essa sia riprodotta (…) mediante fotocopia o altro procedimento avente effetti analoghil’autore dell’opera ha diritto al pagamento, da parte del fabbricante dei dispositivi destinati alla realizzazione di tali copie, di un’equa remunerazione per compensare la possibilità di realizzare siffatte copie”. La richiesta di VG Wort, accolta in primo grado, fu invece respinta dalla sentenza d’appello, confermata dalla Corte Federale di Giustizia tedesca (Bundesgerichtshof); quest’ultima, chiamata a pronunciarsi nuovamente su rinvio della Corte Costituzionale Federale Tedesca (Bundesverfassungsgericht) che ne aveva annullato la decisione, decise quindi di sottoporre alla CGUE l’interpretazione degli articoli 5 e 6 della Direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (la “Direttiva”).

Come è noto, in base all’art. 2 della Direttiva gli Stati Membri riconoscono agli autori e ai titolari di diritti connessi il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione delle loro opere o degli altri materiali protetti. Tuttavia, ai sensi dell’art. 5 della Direttiva, gli Stati Membri possono disporre eccezioni o limitazioni a tale diritto esclusivo per la realizzazione i) di “riproduzioni effettuate su carta o supporto simile mediante uso di qualsiasi tipo di tecnica fotografica o di altro procedimento avente effetti analoghi” (art. 5(2)(a)), e ii) di copie private (art. 5(2)(b)), in entrambi i casi a condizione che i titolari dei diritti ricevano un “equo compenso” volto a indennizzare gli autori per la riproduzione delle loro opere senza consenso.

A proposito delle limitazioni sub art. 5(2)(a), il giudice del rinvio chiedeva, in particolare, se la nozione sopra riportata di «riproduzione effettuata mediante uso di qualsiasi tipo di tecnica fotografica o di altro procedimento avente effetti analoghi» debba essere interpretata nel senso che ricomprende riproduzioni a mezzo di stampanti o personal computer (soprattutto nel caso in cui tali dispositivi siano collegati tra loro) e, in tal caso, quale sia il soggetto che deve essere considerato debitore dell’equo compenso ai sensi di tale disposizione. In risposta a tale quesito, la CGUE ha chiarito innanzitutto che la nozione di cui sopra “ricomprende riproduzioni a mezzo di una stampante e un di un personal computer, qualora tali dispositivi siano collegati tra loro”. Quanto a chi sia il soggetto debitore dell’equo compenso previsto dalla norma, la CGUE ha affermato che gli Stati Membri possono “istituire un sistema secondo il quale l’equo compenso è corrisposto dai soggetti che dispongono di un dispositivo che contribuisce, in modo non autonomo, al procedimento unico di riproduzione dell’opera o dell’ altro materiale protetto sul supporto interessato, poichè questi ultimi possono ripercuotere il costo del prelievo sui loro clienti, fermo restando che l’importo complessivo dell’equo compenso (…) non deve essere, in sostanza, diverso da quello stabilito per la riproduzione ottenuta mediante un solo dispositivo”.

Con riferimento alla eccezione per copia privata che gli Stati Membri possono introdurre in base all’ art. 5 (2)(b) della Direttiva, il giudice del rinvio si focalizzava invece sul fatto che, secondo la norma, l’autore ha diritto ad un equo compenso “che tenga conto dell’applicazione o meno delle misure tecnologiche di cui all’art. 6” della Direttiva all’opera in questione. In particolare, il giudice chiedeva se la possibilità di applicare tali misure tecnologiche, destinate a impedire o limitare atti, su opere o altri materiali protetti, non autorizzati dal titolare del diritto d’autore, faccia venir meno il diritto all’equo compenso. A ciò risponde la CGUE rilevando che la possibilità di applicazione di tali misure “non fa venir meno la condizione dell’equo compenso prevista dall’art. 5(2)(b)”. Piuttosto, qualora gli Stati Membri lo prevedano, sarà il “livello concreto” di tale remunerazione a poter dipendere dall’applicazione o meno di tali misure tecnologiche, incentivando così gli stessi titolari ad adottarle volontariamente.

Infine, la Corte risponde ad altri due quesiti posti dalla corte tedesca. In primo luogo, la CGUE rileva che, in presenza delle eccezioni di cui all’art. 5 della Direttiva, il fatto che l’autore dell’opera ne abbia autorizzato la riproduzione non esclude l’obbligo al pagamento dell’equo compenso. In secondo luogo, la Corte precisa che la disciplina della Direttiva non incide comunque sugli atti di utilizzazione delle opere e degli altri materiali protetti nel periodo che va dalla data di entrata in vigore delle Direttiva alla data di scadenza del termine per la sua attuazione (22 dicembre 2002).

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