La CGUE nel caso Specsavers: uso del marchio in forma diversa da quella in cui è stato registrato e rilevanza del colore

Questo articolo è pubblicato anche sul portale “Diritto24” del Sole 24 Ore

Con sentenza dello scorso 18 luglio nella causa C-252/12, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (“CGUE”) è tornata a pronunciarsi sull’uso effettivo del marchio in forma diversa da quella in cui esso è stato registrato, dopo la recente pronuncia sul tema (in relazione all’etichetta Levi’s) di cui avevamo parlato qui in questo blog.

All’origine della controversia vi era in questo caso una campagna pubblicitaria per prodotti ottici lanciata dalla catena di supermercati inglesi Asda Stores Ltd (“Asda”) e diretta contro il gruppo Specsavers, maggiore catena di negozi di ottica del Regno Unito e principale concorrente di Asda. In particolare, la campagna pubblicitaria in questione utilizzava gli slogan “Be a real spec saver at Asda” e “Spec Savings at Asda” (gli “Slogan”), oltre a due loghi composti da due ovali contenenti rispettivamente le parole “Asda” e “Opticians”(i “Marchi Asda”, visibili qui nel testo della decisione).

Alla luce di tale iniziativa, la Specsavers aveva adito la High Court of Justice (England and Wales) deducendo la violazione da parte degli Slogan e dei Marchi Asda dei propri marchi comunitari denominativi “Specsavers” nonchè dei propri marchi comunitari figurativi  formati in un caso da due ovali leggermente sovrapposti contenenti al loro interno la parola “Specsavers”, e nell’altro caso dai medesimi due ovali ma questa volta “vuoti”, ovvero senza alcuna parola al loro interno (i “Marchi Specsavers”, visibili qui nel testo della decisione).

Chiamata a pronunciarsi sulla vicenda, la High Court aveva negato la violazione da parte di Asda dei Marchi Specsavers, dichiarando altresì decaduto per non uso il marchio figurativo Specsavers dato dai due ovali vuoti, in quanto non fatto oggetto di un uso effettivo entro 5 anni dalla registrazione come richiesto dagli articoli 15(1) comma 1 e 51(1)(a) del regolamento n. 207/09 sul marchio comunitario (il “Regolamento”). In particolare, secondo la tesi di Asda accolta dalla High Court, Specsavers non avrebbe mai usato il marchio in questione da solo, ma sempre insieme al marchio denominativo “Specsavers” ad esso sovraimpresso; il tutto, peraltro, quando la combinazione dei due marchi era già di per sé registrata come autonomo marchio figurativo  (quello per l’appunto consistente nei due ovali contenenti la parola “Specsavers”).

Su appello di Specsavers, la Court of Appeal (England & Wales) aveva parzialmente rovesciato la pronuncia della High Court, ritenendo che Specsavers avesse diritto di vietare l’utilizzo degli Slogan e Marchi Asda in quanto costituenti violazione dei marchi denominativi Specsavers e di quelli figurativi costituiti dagli ovali contenenti la parola “Specsavers”. La Court of Appeal aveva tuttavia altresì sospeso il giudizio per sottoporre alla CGUE le questioni pregiudiziali risolte nella sentenza in esame, relative all’altro marchio figurativo Specsavers azionato, ovvero quello consistente nei soli due ovali vuoti.

A tale riguardo, il giudice del rinvio chiedeva innanzitutto se il requisito dell’uso effettivo del marchio richiesto dai summenzionati artivoli 15(1) e 51(1)(a) del Regolamento sia soddisfatto quando un marchio comunitario figurativo è utilizzato solo insieme a un marchio denominativo ad esso sovraimpresso, nel caso in cui la combinazione dei due marchi sia stata, per di più, essa stessa registrata come marchio comunitario. Nella sentenza in esame la CGUE, in linea con la sentenza Levi’s summenzionata, risponde alla domanda in senso affermativo, rilevando che un simile caso rientra nell’ipotesi di cui all’articolo 15(1) comma 2 (a) del Regolamento, secondo cui costituisce uso effettivo del marchio anche l’uso del medesimo in una forma che si differenzia da quella in cui è stato registrato per taluni elementi che non ne alterino il carattere distintivo, ovvero la sua idoneità “ad identificare il prodotto per il quale è richiesta la registrazione come proveniente da una determinata impresa, e, quindi, a distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese”. Nel  caso di specie, quindi, l’uso del marchio figurativo costituito dai due ovali con sovraimpresso il segno “Specsavers” può essere considerato come uso effettivo del marchio costituito dai soli ovali vuoti “purché il suddetto marchio per come è stato registrato, vale a dire senza che una parte di quest’ultimo sia nascosta dal segno denominativo «Specsavers» sovraimpresso, rinvii sempre sotto tale forma ai prodotti del gruppo Specsavers per i quali il marchio è stato registrato”. Spetta poi naturalmente al giudice del rinvio effettuare in concreto tale valutazione, ai fini della quale è comunque irrilevante – afferma la Corte – che il marchio denominativo “Specsavers” e il marchio complesso dato dagli ovali con sovraimpresso il marchio denominativo siano a loro volta registrati come marchi comunitari. A tale conclusione la CGUE perviene, tra l’altro, richiamando mutatis mutandis gli argomenti delle sentenze già rese nelle cause C-553/11 e C-12/12 per casi simili (di cui abbiamo parlato qui e qui in questo blog), e rilevando che la ratio della normativa in esame è quella di “consentire al titolare del marchio registrato di apportare al segno, in occasione del suo sfruttamento commerciale, le variazioni che, senza modificarne il carattere distintivo, permettono di meglio adattarlo alle esigenze di commercializzazione e di promozione dei prodotti o dei servizi relativi“.

Acclarato questo, la Corte si pronuncia quindi sugli altri quesiti del giudice del rinvio, il quale aveva rilevato che – pur essendo i marchi figurativi Specsavers registrati in bianco e nero – di fatto sia Specsavers che Asda utilizzavano i rispettivi segni in colore verde. Alla luce di ciò, il giudice chiedeva se, quando un marchio comunitario non è registrato a colori ma il titolare lo usa in modo estensivo in un determinato colore così da essere associato, nella memoria di una parte significativa del pubblico, a tale colore, il colore usato da un terzo per raffigurare un segno che asseritamente viola il suddetto marchio sia rilevante ai fini della valutazione complessiva del rischio di confusione o dell’indebito vantaggio richiesti perchè si abbia contraffazione di marchio rispettivamente dalle lettere (b) e (c) dell’art. 9(1) del Regolamento (secondo tale norma, infatti, il titolare di un marchio comunitario ha il diritto di vietare a terzi l’uso nel commercio di: “a) un segno identico al marchio comunitario per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;  b) un segno che, a motivo della sua identità o somiglianza col marchio comunitario e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio comunitario e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione tra segno e marchio; c) un segno identico o simile al marchio comunitario per prodotti o servizi che non sono simili a quelli per i quali questo è stato registrato, se il marchio comunitario gode di notorietà nell’Unione e se l’uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio comunitario o reca pregiudizio agli stessi“).

In replica a tale quesito, nella sentenza in esame la CGUE conferma che il colore in cui il marchio è effettivamente utilizzato influenza la percezione del consumatore medio, costituendo perciò elemento “idoneo ad accrescere il rischio di confusione o di associazione tra il marchio anteriore e il contrassegno che asseritamente viola quest’ultimo”, indipendentemente dal fatto che il marchio anteriore sia stato registrato in bianco e nero. In aggiunta, l’utilizzo del medesimo colore “è un fattore da prendere in considerazione per stabilire se sia possibile constatare l’esistenza di un vantaggio indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore”.

Alla luce di tale risposta, la CGUE era infine chiamata a dire se, sempre ai fini di verificare il rischio di confusione e l’indebito vantaggio summenzionati, sia rilevante il fatto che il terzo che utilizzi il segno che asseritamente viola il marchio registrato sia lui stesso associato, nella memoria di una parte significativa del pubblico, al colore in questione (come accadeva per Asla, che pure utilizzava normalmente il colore verde nei propri loghi). Secondo la Corte, anche tale fattore è idoneo a influenzare la percezione dei segni in questione da parte del pubblico, potendo produrre una diminuzione del rischio di confusione tra i marchi nella misura in cui – venendo al caso di specie – il pubblico interessato percepisca il colore verde dei loghi Asda come il colore normalmente usato da Asda. Anche tale valutazione resta però, naturalmente, riservata al giudice del rinvio. Quanto all’indebito vantaggio, la CGUE rileva che la circostanza in questione può essere “un fattore rilevante al fine di determinare se l’uso di tale segno si fondi su un «giusto motivo»” che escluderebbe la violazione del marchio ai sensi dell’art. 9(1)(c) summenzionato, ulteriore circostanza che il giudice del rinvio dovrà verificare.

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La CGUE sull’uso del marchio altrui come domain name e meta-tag

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Pubblicato il rapporto 2012 sugli interventi delle dogane UE a tutela dei diritti IP