La Cassazione Penale: costituisce reato la diffusione via internet non autorizzata del numero di cellulare altrui

La Corte di Cassazione penale ha recentemente emanato una sentenza che affronta il tema della responsabilità per la pubblicazione non autorizzata di un numero di cellulare altrui in internet. Si tratta per la precisione della sentenza n. 21839/2011, pubblicata lo scorso 1 giugno.

Il caso portato all’attenzione della Suprema Corte, su ricorso contro la decisione della Corte d’Appello di Milano del maggio 2010 (che confermava quanto deciso dal Tribunale di Milano l’anno prima), era relativo a due persone che si erano conosciute su una chat line durante la quale si erano scambiate – su un canale chat privato – il numero di telefono di cellulare; a seguito della degenerazione della “conversazione virtuale”, seguita anche da una telefonata di insulti, uno dei due soggetti aveva diffuso nella chat pubblica il numero di cellulare dell’altro. (…)

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione meneghina in base alla quale detto comportamento costituisce illecito penale per ai sensi dell’art. 167 D. Lgs. 196/03 (c.d. “Codice Privacy”), che in sostanza punisce con la reclusione per un minimo di 6 mesi chiunque abusivamente diffonde o comunica dati personali. Nella decisione la Suprema Corte ha precisato che la norma in questione si applica infatti a qualunque soggetto inclusi i semplici privati, e non solo – come sosteneva la difesa dell’imputato – a coloro che detengono dati personali altrui per motivi “istituzionali”. Quindi, chiunque è obbligato a rispettare la normativa sulla privacy: se si affermasse il contrario si finirebbe “con l’esonerare in modo irragionevole dall’area penale tutti i soggetti privati, così permettendo quella massiccia diffusione di dati personali che il legislatore, invece, tende ad evitare. (…) Può quindi affermarsi senza tema di smentita che l’assoggettamento alla norma in tema di divieto diffusione di dati sensibili riguardi tutti i soggetti entrati in possesso di tali dati, i quali saranno tenuti a rispettare sacralmente la privacy in modo da assicurare un corretto trattamento di quei dati senza arbitrii o pericolose intrusioni“.

La Cassazione nella decisione in parola si sofferma poi sul danno cagionato al titolare del numero di cellulare indebitamente diffuso, danno che secondo la difesa dell’imputato non si sarebbe verificato. Al contrario, d’accordo con i giudici dei precedenti due gradi di merito, la Corte afferma invece che “la diffusione in ambito generalizzato di una utenza cellulare – per sua intrinseca natura riservato, tanto è vero che solitamente negli elenchi pubblici figura solo il numero telefonico pubblicabile e mai quello di un’utenza cellulare a meno che il suo titolare non vi abbia consentito – è certamente produttiva di un danno“.

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