Il principio di convalidazione del marchio secondo la Corte di Giustizia Ue: il caso del marchio Heitec
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha recentemente emesso una pronuncia interpretativa del concetto di “tolleranza” di cui all’art. 9 della direttiva 2008/95, e agli artt. 54 e 111 del regolamento n. 207/2009. Secondo tali norme, al titolare di un marchio anteriore è precluso chiedere la nullità o opporsi all’uso di un marchio posteriore depositato in buona fede se, per un periodo di 5 anni consecutivi dalla conoscenza dell’uso, non siano stati compiuti atti che esprimessero chiaramente la volontà di opporsi a detto uso.
La vicenda trae origine da un ricorso proposto dalla società tedesca Heitec AG nei confronti dell’impresa Heitech, anch’essa di origine tedesca, e del proprio amministratore. La ricorrente è, in particolare, titolare del marchio dell’Unione Europea denominativo “HEITEC” depositato nel 1998, con rivendicazione di preesistenza al 1991, e registrato il 4 luglio 2005. La resistente è, invece, titolare di un marchio tedesco figurativo contenente l’elemento denominativo “heitech promotion” depositato nel 2002 e registrato nel 2003 e di un marchio dell’Unione Europea figurativo registrato nel 2008, anch’esso contenente l’elemento denominativo “heitech”.
Venuta a conoscenza nel 2009 della registrazione del marchio figurativo dell’Unione Europea da parte della resistente, la Heitec AG – dopo aver respinto la proposta di patto di coesistenza proposto dalla controparte – diffidava quest’ultima a non utilizzare l’elemento denominativo comune, poiché ne sarebbe derivata una lesione del proprio marchio.
Solamente a distanza di anni dalla diffida, ovvero nel dicembre 2012, la Heitec AG decideva di citare in giudizio innanzi al Tribunale del Land la Heitech e il suo rappresentante legale, in via principale, per violazione dei diritti sul proprio nome commerciale e, in via subordinata, per contraffazione del proprio marchio denominativo, chiedendo che fosse disposta un’inibitoria nei confronti della resistente dall’utilizzo di prodotti o servizi che recassero gli elementi denominativi “heitech” o “heitech promotion”, con obbligo di distruzione delle merci già prodotte e al risarcimento dei danni. Tuttavia, a causa di alcuni vizi procedurali dipesi dalla mancata diligenza della ricorrente, la citazione si perfezionava solo nel maggio del 2014, con la notifica dell’atto introduttivo ai convenuti.
Il Tribunale del Land condannava in primo grado la resistente al solo risarcimento delle spese di diffida, respingendo le ulteriori istanze.
In sede di appello, il Tribunale superiore del Land ha confermato la decisione di primo grado motivando che la Heitech aveva utilizzato i propri segni posteriori per un periodo ininterrotto di almeno cinque anni e che la appellante nonostante fosse a conoscenza dell’esistenza di tale segno, non avendo adottato misure sufficienti, ne aveva tollerato l’utilizzo. Il giudice proseguiva specificando come il ricorso giurisdizionale non avesse interrotto il termine di preclusione: dalla diffida al termine di perfezionamento del ricorso era passato un lasso di tempo superiore a 5 anni.
La Heitec decideva di impugnare la decisione resa in appello dinnanzi alla Corte federale di giustizia, la quale sospendeva il procedimento e sottoponeva alla Corte di Giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:
- in primo luogo, si chiedeva se una diffida potesse essere un atto idoneo a escludere la tolleranza, o se, viceversa, fosse necessario proporre un ricorso dinanzi a una autorità amministrativa o ad un organo giurisdizionale;
- in secondo luogo, ove si ritenesse necessaria la proposizione di un ricorso avanti ad un’autorità statale, si domandava se il termine di preclusione dovesse essere calcolato a partire dalla data del deposito dell’atto introduttivo del giudizio o dal giorno della notifica ai convenuti;
- in terzo luogo, ci si interrogava se la preclusione riguardasse oltre all’azione inibitoria, anche le domande connesse basate sul diritto dei marchi, quali ad esempio il risarcimento danni e la distruzione dei prodotti.
In merito alla prima questione, la Corte di Giustizia ha ritenuto che una diffida attraverso cui il titolare di un diritto anteriore si opponga all’uso di un marchio posteriore non è sufficiente ad interrompere il termine di preclusione, ove non venga seguita, in un tempo ragionevole, da ulteriori azioni che perseguano il medesimo obiettivo.
Per quanto concerne la seconda domanda, la Corte di Giustizia ha chiarito come di norma il deposito di un atto introduttivo rifletta l’intenzione seria e inequivocabile di far valere i propri diritti. Tuttavia, sono presenti dei casi in cui tale volontà non risulta particolarmente chiara, come nel caso in esame, in cui l’atto introduttivo non soddisfaceva i requisiti formali sanciti dal diritto nazionale. In questi casi, spetterà al giudice nazionale valutare quale sia la data in cui l’atto introduttivo si intende regolarizzato e, qualora questa sia successiva al termine di preclusione per tolleranza, si dovrà considerare inammissibile la domanda proposta.
Nel caso di specie, la Heitec era venuta a conoscenza dell’uso del marchio posteriore il 6 maggio 2009, aveva depositato l’atto introduttivo nel 2012 ma lo ha regolarizzato, dopo vari solleciti del giudice, solamente tra il 24 febbraio 2014 e il 16 maggio dello stesso anno, e dunque oltre i 5 anni dalla conoscenza dell’uso.
Infine, sul terzo punto la Corte di Giustizia ha statuito che la preclusione, oltre a riguardare la richiesta di nullità di un marchio anteriore e la cessazione dell’uso, comprende anche le domande connesse come quelle inerenti al risarcimento del danno e alla distruzione dei prodotti.