Descrizione in materia di know how: un recente caso vittorioso seguito da Martini Manna & Partners innanzi al Tribunale di Brescia

Il nostro studio Martini Manna & Partners ha assistito con successo una società leader mondiale nell’industria della caldareria, in un contenzioso cautelare relativo alla descrizione di know how innanzi alla Sezione Specializzata in materia di impresa del Tribunale di Brescia.

La vicenda trae origine da un provvedimento di descrizione, concesso inaudita altera parte, su ricorso di un partner commerciale nei confronti dell’azienda cliente, avente ad oggetto la presunta violazione di know-how commerciale e la commissione di atti di concorrenza sleale relativamente a disegni e documentazione costruttiva di impianti di essicazione. Durante l’esecuzione del provvedimento era stato acquisito tutto il contenuto del server aziendale e delle caselle di posta elettronica in modo massivo.

All’esito dell’istaurazione del contraddittorio, la parte resistente aveva chiesto in primis l’accesso al documento secretato di parte ricorrente, contenente il preteso know how e, in ogni caso, la revoca del provvedimento concesso per mancanza dei requisiti di fumus boni iuris e periculum in mora.

Quanto al fumus boni iurus, si contestava anzitutto la mancanza del requisito della “segretezza” richiesto ex art. 98 c.p.i. comma 1 a), essendo presenti nel mercato competitors che offrivano servizi del tutto simili a quelli realizzati dalla ricorrente e non essendo in ogni caso dimostrata l’esclusiva proprietà di tali disegni. Inoltre, la ricorrente non aveva dato prova di proteggere le proprie informazioni con misure adeguate a mantenerle segrete ex art. 98 c.p.i. comma 1 c), avendo depositato in giudizio delle policy informatiche del tutto generiche nonché alcuni NDA con un’efficacia limitata nel tempo e nell’oggetto.

Con riferimento al periculum in mora, parte resistente rilevava come il ritardo di quasi due anni nell’agire costituisse sintomo di una tolleranza non in armonia con la pretesa urgenza.

Con provvedimento del 12 novembre 2024, il Tribunale di Brescia revocava la descrizione concessa inaudita altera parte per carenza del requisito del fumus boni iuris, affermando in particolare che:

-          quanto al requisito della segretezza, nessuna valida allegazione era stata fornita dalla ricorrente per confutare le tesi di parte resistente, chiarendo che “all’esito della costituzione della resistente e della specifica contestazione da parte di questa della sussistenza del presupposto in esame, era onere della ricorrente delineare i presupposti in fatto idonei a qualificare il suo know how tecnico quale segreto industriale”;

-          quanto al requisito dell’adozione di misure adeguate al mantenimento della segretezza, la resistente non aveva dimostrato di aver adottato adeguate misure di tutela della riservatezza con riguardo proprio all’asserito know how.

Il provvedimento di revoca è stato confermato anche in sede di reclamo, con provvedimento del 31 gennaio 2025.

Preliminarmente va detto che il Collegio nominato aveva disposto, su istanza della parte reclamata e nel pieno rispetto del principio del contraddittorio, accesso al documento secretato contenente il preteso know how avversario prima della costituzione in giudizio.

L’ordinanza collegiale, nel confermare il provvedimento di revoca, ha riconosciuto che “il difetto di allegazione che ha condivisibilmente condotto il giudice di prime cure a revocare la descrizione concessa inaudita altera parte, non sia stato superato in fase di reclamo, avendo [la reclamante] mancato di offrire i necessari elementi a sostegno: i) della titolarità in capo a sé dei disegni utilizzati per l’esecuzione delle commesse provenienti da [X]; ii) della segretezza del proprio presunto know how, in ragione della asserita (ma indimostrata) singolarità dei macchinari da essa progettati nel panorama tecnico di riferimento; iii) la predisposizione di adeguate misure di protezione, in presenza di motivi tecnici idonei a giustificare la trasmissione alla controparte contrattuale di “file nativi”, ferma restando la pacifica scarsa rilevanza degli impegni di riservatezza stipulati tra le parti in quanto limitati a due specifiche commesse (anni 2014 e 2017)”.

Non solo. Con riferimento alle contestazioni di parte reclamante circa il fatto che l’ordinanza reclamata avrebbe operato una inammissibile anticipazione del giudizio di merito, il Collegio ha affermato che per la concessione del provvedimento di descrizione, il fumus boni iuris deve “essere apprezzato, in via diretta, in relazione al diritto processuale alla prova - ritenuta utile o necessaria nel futuro giudizio di merito - e, in via indiretta, in relazione al diritto sostanziale di cui s’invoca tutela”, mentre il periculum in mora deve “essere individuato nell’esigenza di non disperdere la prova, oltre che nella probabile sopravvenienza di un pericolo di danno imminente e irreparabile alla situazione sostanziale fatta valere, pregiudizio alla cui neutralizzazione è - in via mediata - finalizzato il provvedimento cautelare richiesto”.

A tal proposito, come anche riconosciuto da autorevole dottrina e giurisprudenza richiamate dal Collegio, “la verifica che deve operare il giudice circa l’esistenza del fumus boni iuris presuppone - con un grado di approfondimento proporzionato alla natura e alla specificità delle allegazioni ed eccezioni delle parti - l’accertamento sommario della validità della privativa azionata e dell’interferenza del trovato messo in circolazione con il diritto del reclamante, onde evitare che la misura venga richiesta allo scopo di eludere l’onere della prova gravante sul ricorrente o di arrecare danno al concorrente”. Ai fini della concessione della descrizione non basta “che il ricorrente dimostri il diritto alla prova, essendo necessario che lo stesso alleghi e dimostri la ricorrenza di una concreta e seria esigenza di tutela del suo diritto, fornendo una prima evidenza della ricorrenza di elementi che denuncino la concreta possibilità che tale diritto sia stato leso, rendendo fondato il sospetto che mette in allarme il ricorrente e dunque mettendo in evidenza l’utilità di anticipare l’accertamento richiesto”. Parimenti, “il rilascio del provvedimento in oggetto non può derivare sic et simpliciter dalla utilità della prova stessa in relazione alla domanda prospettata, e non può prescindere dalla verosimiglianza di esistenza di un diritto industriale”.

 

Indietro
Indietro

Le nuove responsabilità per gli Internet Service Provider previste dal Decreto Omnibus

Avanti
Avanti

Linee guida dell’EDPB sul trattamento dei dati personali sulla base del legittimo interesse