RTI contro Yahoo! Search. L’attività di caching e la responsabilità del provider

Con sentenza n. 7709/2019, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in tema di responsabilità dell’internet service provider (abbiamo parlato recentemente di questo argomento qui e qui in questo blog), rigettando il ricorso proposto da Reti Televisive Italiane S.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Milano che ha negato la responsabilità di Yahoo! Italia S.r.l. per illecita diffusione di contenuti, in ragione dell’attività di caching svolta da quest’ultima (per un commento alla decisione del Tribunale si veda questo articolo).

Alla base della vicenda, l’indicizzazione, attraverso il servizio Yahoo! Search, di contenuti video tratti dai programmi televisivi di titolarità di R.T.I. ed illecitamente caricati sul web, alla quale aveva fatto seguito una diffida di R.T.I. a Yahoo Italia con cui si segnalava tale circostanza invitando il provider a rimuovere i contenuti individuati nella diffida. In risposta, il provider aveva provveduto ad informare la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano quale autorità competente per accertare l’illecito, ma non aveva ottemperato alla richiesta di rimozione. Di conseguenza, R.T.I. aveva citato in giudizio Yahoo! Italia per veder accertata la sua responsabilità per illecita diffusione di contenuti protetti da diritti di privativa.

In primo grado, il Tribunale di Milano aveva rigettato la domanda proposta da R.T.I. accertando, da un lato, che l’attività svolta da Yahoo! Italia costituiva attività di caching consistente – ai sensi dell’art. 15 del d. lgs 70/2003 – “nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio”, e, dall’altro, che le condizioni previste dalla stessa norma per applicare al cacher l’esenzione da responsabilità per i contenuti illeciti immessi da terzi erano state rispettate.

Dichiarata inammissibile l’impugnazione in appello di R.T.I., quest’ultima ha proposto ricorso in Cassazione avverso il provvedimento del giudice di primo grado. Nello specifico, la ricorrente ha contestato che il Tribunale non avesse adeguatamente valutato il ruolo di Yahoo! Search e la normativa che disciplina l’attività del cacher, la quale prevede un’esenzione da responsabilità per i contenuti illeciti immessi da terzi a condizione che il cacher non eserciti “l’autorità o il controllo” sulle informazioni memorizzate, in virtù del ruolo meramente tecnico, automatico e passivo svolto dal provider in tale ipotesi. Secondo R.T.I., invece, Yahoo! Search operava un intervento selettivo sui contenuti, “per nulla transitorio e necessario alla normale operatività del motore di ricerca”, in particolare attraverso i meccanismi di embedding (che permettono di visionare un brano audiovisivo restando fisicamente connessi al portale Yahoo), di preview (che permettono di vedere piccole porzioni dei contenuti ricercati in anteprima), e di suggest search (suggerimenti di ricerca), nonché attraverso la presentazione di video correlati a quello ricercato dall’utente. In altre parole, secondo la ricorrente il provider avrebbe perso il suo ruolo di neutralità rispetto alle informazioni memorizzate, esercitando un controllo sulle stesse attraverso i predetti meccanismi, ritenuti invece dal Tribunale perfettamente inerenti all’attività normalmente svolta da un motore di ricerca. 

Rigettando il ricorso di R.T.I., la Cassazione ha confermato integralmente l’interpretazione del Giudice di primo grado, accertando che il servizio Yahoo! Search si limita a svolgere la funzione di semplice motore di ricerca, consistente nel “cercare e organizzare in un elenco i siti pertinenti ai criteri di ricerca indicati dall’utente interrogante fornendo i link che consentono la connessione con ciascuno di essi”, a tal fine memorizzando temporaneamente una copia di ogni sito in una «cache» al fine di agevolare le attività di ricerca degli utenti, ottimizzandone i tempi. La Corte ha peraltro specificato che in questo contesto i citati meccanismi di embedding e di suggestive search non hanno implicano in alcun modo la perdita della neutralità del provider, che continua a non avere il controllo delle informazioni memorizzate e beneficia quindi correttamente dell’esenzione da responsabilità prevista dall’art 15 d. lgs 70/2003.

La Cassazione ha rigettato anche il motivo di ricorso della ricorrente secondo cui, anche a voler accedere alla tesi prospettata dal Tribunale, il provider sarebbe comunque stato responsabile per non aver rimosso i contenuti illeciti in seguito alla segnalazione tramite diffida, limitandosi invece ad informare l’autorità competente. Su questo punto, la Cassazione, sottolineando che nel caso di specie Yahoo! Italia aveva assolto all’obbligo – previsto dall’art. 17, comma 2, d. lgs 70/2003 – di trasmettere la diffida del titolare del diritto d’autore all’autorità competente per l’illecito, ha concluso che “al prestatore del servizio che fornisca una mera attività neutrale di caching la legge non richiede che, sol perché reso edotto di specifici contenuti illeciti con una diffida extragiudiziale“, o perché è stata proposta una domanda giudiziale dal titolare del diritto, “spontaneamente li rimuova”.

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