Lesione della privacy in ambito giornalistico e danno non patrimoniale (Trib. Roma, sent. n. 9735/15 del 6.5.2015, M. M. c. Finegil Editoriale et al)

In un’inedita, recente sentenza, il Tribunale di Roma torna ad occuparsi di un tema di importanza crescente, quello dell’equilibrio tra diritto di cronaca e diritto alla riservatezza, anche in relazione alla pubblicazione on-line di articoli di informazione (ne abbiamo parlato ad esempio qui).

M.M., privata cittadina, aveva subito un crimine per strada nella propria città di residenza. Il giorno dopo il quotidiano locale aveva riportato la vicenda in cronaca sia nell’edizione cartacea che in quella on-line, identificando la vittima per nome e cognome e fornendo dettagli sul suo successivo ricovero al pronto soccorso. La versione digitale dell’articolo era stata indicizzata quasi immediatamente dai principali motori di ricerca e, nonostante una diffida dei legali di M. M. inviata alla testata e all’editore romano, era rimasta in Rete (da dove sarebbe stata infine rimossa solo a giudizio già iniziato) per diversi mesi.

M.M. aveva citato innanzi al Tribunale di Roma l’editore e il direttore della testata quali, rispettivamente, titolare e responsabile del trattamento, congiuntamente all’autore dell’articolo, lamentando l’illecito trattamento dei propri dati personali anche sensibili e chiedendo l’inibitoria dall’ulteriore diffusione e il risarcimento dei danni di natura non patrimoniale. I danni, nella prospettazione della ricorrente, consistevano nelle sofferenze psico-fisiche causate dall’esposizione pubblica della propria persona nel contesto di una vicenda dolorosa, acuiti anche dalla curiosità morbosa dei conoscenti e dei concittadini a seguito della diffusione della notizia ed aggravati dalla persistenza in Rete dell’articolo in questione. I resistenti da parte loro si erano difesi invocando il legittimo esercizio del diritto di cronaca ed eccependo che le sofferenze morali della ricorrente non fossero provate.

Il Giudice ha ritenuto fondate le domande della ricorrente, condannando i convenuti in solido tra loro al risarcimento dei danni non patrimoniali e alle spese di lite.

Egli ha osservato anzitutto che, in base all’art. 137 del Codice della privacy e alle norme dell’allegato Codice deontologico relativo al trattamento di dati personali nell’attività giornalistica, l’esercizio del diritto di cronaca di fatti di rilevanti interesse pubblico trova pur sempre un limite nell’essenzialità del dato personale riportato rispetto alla cronaca dei fatti. Nel caso specifico, ha motivato il Giudice, l’identità della persona offesa non era essenziale al soddisfacimento del riconoscibile interesse pubblico alla cronaca del fatto delittuoso, che avrebbe potuto essere ugualmente soddisfatto citando le sole iniziali della vittima; la vicenda non presentava un’originalità tale da giustificare l’identificazione di quest’ultima.

Quanto al danno, il Giudice ha riconosciuto il pregiudizio consistente nel patema d’animo e nel transitorio aggravarsi delle condizioni psichiche della ricorrente a causa della pubblicizzazione della vicenda e del proprio ruolo di vittima, descritta, peraltro, come fragile e anziana; rispetto alla prova del danno, il Giudice ha ritenuto determinanti le testimonianze dei congiunti.

Nel compiere in via equitativa la liquidazione del danno, il Giudice ha tenuto conto “dell’entità non irrilevante del fatto rispetto alla rappresentazione che la M. aveva di se stessa nel suo ambiente consueto”, della qualità dei dati trattati e della diffusione degli stessi; ha ritenuto inoltre rilevante la circostanza che la pubblicazione dell’articolo fosse cessata con ingiustificato ritardo rispetto alla richiesta del difensore della ricorrente.

Indietro
Indietro

Decadenza del marchio per non uso: il Tribunale di Milano accoglie le pretese avanzate da Louis Vuitton contro Coin

Avanti
Avanti

Brevetto Unitario Europeo: la Corte di Giustizia respinge entrambi i ricorsi avanzati dalla Spagna