Il caso Audrey Hepburn: quando la riproduzione dell’immagine di un personaggio noto è illecita
Una recente pronuncia del Tribunale di Torino (sent. n. 940/2019), accertando l’illegittimo sfruttamento dei diritti d’immagine della nota diva hollywoodiana Audrey Hepburn, ha segnato una nuova vittoria per i successori quest’ultima, a favore dei quali si era già espresso anche il Tribunale di Milano (cfr sent. n. 766/2015).
Nel caso in esame, i successori dell’attrice avevano agito di fronte al Tribunale di Torino per contestare l’utilizzo non autorizzato dell’immagine della Hepburn su t-shirts prodotte e commercializzate (anche online) dalla società convenuta. Gli attori avevano quindi chiesto al giudice di accertare la violazione delle norme in materia di diritti d’immagine e di pronunciare condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e morali subiti.
In particolare, gli attori lamentavano la violazione dell’art. 96 della legge sulla protezione del diritto d’autore (LDA), che stabilisce che “il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa” (o, dopo la morte, dei suoi successori ex art. 93 LDA), nonché degli artt. 10 c.c. e 97 LDA, comma secondo, che vietano l’utilizzo dell’immagine di un soggetto quando questo potrebbe causare pregiudizio al decoro o alla reputazione del soggetto ritratto o dei relativi congiunti. Tra i vari capi d’abbigliamento prodotti e commercializzati dalla convenuta, infatti, figuravano non solo t-shirts recanti l’immagine della nota icona del cinema, ma anche rielaborazioni che la ritraevano ricoperta di tatuaggi o mentre mostrava il dito medio.
A fronte di tali contestazioni, la società convenuta aveva sostenuto che il proprio utilizzo dell’immagine dell’attrice integrasse in realtà la fattispecie di cui all’art. 97 LDA, primo comma, secondo cui il consenso della persona ritratta non è necessario se questa è nota al pubblico. Ad ulteriore sostegno della legittimità della propria condotta, la convenuta aveva inoltre argomentato che le riproduzioni di Audrey Hepburn sui capi d’abbigliamento prodotti costituissero una rivisitazione creativa del personaggio, già simbolo di emancipazione femminile durante gli anni ’70, dando vita ad un’opera originale che esaltava l’attrice in chiave femminista.
Diversa l’opinione del Tribunale: richiamando un consolidato orientamento della Corte di Cassazione sul punto, infatti, il giudice ha ricordato che i casi in cui l’immagine di un soggetto può essere riprodotta senza il suo consenso sono di stretta interpretazione e riguardano ipotesi in cui lo sfruttamento è finalizzato a fornire alla collettività un’informazione su fatti di una qualche utilità sociale. In sostanza, dal combinato disposto degli artt. 10 c.c. e 96 e 97 LDA emerge che, quando lo sfruttamento dell’immagine altrui non possa giustificarsi alla luce di un interesse pubblico all’informazione, ma avvenga come nel caso di specie a fini pubblicitari o commerciali, tale sfruttamento è illecito in assenza di consenso. Peraltro – ha sottolineato il Tribunale – in tali ipotesi l’uso è illegittimo anche quando non offenda i diritti della personalità del soggetto. In ogni caso, il giudice ha ritenuto che le modalità con cui società convenuta aveva rielaborato l’immagine della diva hollywoodiana (ritraendola ricoperta di tatuaggi, o con il dito medio alzato) danneggiavano la reputazione e il decoro dei successori della Hepburn, causando la perdita del valore commerciale dell’immagine (c.d. danno da annacquamento).
Accertata l’illegittimità delle condotte sopra menzionate, il Tribunale di Torino ha così condannato la convenuta al risarcimento dei danni patrimoniali subiti per 45.000 €, quantificati in base al criterio del c.d. prezzo del consenso (ovvero il prezzo che le parti avrebbero convenuto ove avessero stipulato un accordo per lo sfruttamento dei diritti d’immagine); nonché al risarcimento del danno da annacquamento (determinato equitativamente in misura pari al 25% del prezzo del consenso); ed infine al risarcimento dei danni morali in misura pari a 5.000 €.