Il TUE annulla il diniego della Commissione Europea all’AIC per l’Orphacol

Con sentenza dello scorso 4 luglio nella causa T-301-/12, il Tribunale dell’Unione Europea (“TUE”) si è pronunciato sulla concessione dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (“AIC”) dell’Orphacol, farmaco orfano a base di acido colico destinato al trattamento di due rare e gravi patologie epatiche (il “Farmaco”). Nello specifico, con tale pronuncia il TUE ha accolto il ricorso presentato dalla società sviluppatrice del Farmaco, la Laboratoires CTRS (la “Ricorrente”), annullando la decisione della Commissione Europea (“CE”) che nel maggio 2012 aveva negato al Farmaco l’AIC nonostante il parere favorevole del comitato dei medicinali per uso umano (“CMUU”) dell’Agenzia Europea per i Medicinali (“EMA”).

La vicenda si inquadra giuridicamente nell’ambito della direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario per i medicinali ad uso umano, così come modificata dalla direttiva 2004/27/CE (la “Direttiva”), la quale prevede che di norma la richiesta di AIC debba essere accompagnata dai risultati delle prove precliniche e cliniche del relativo medicinale (art. 8(3)(i)). Tuttavia, ai sensi dell’art. 10bis della Direttiva, tale obbligo non sussiste – essendo sufficiente allegare adeguata letteratura scientifica – se il richiedente dimostra che le sostanze attive del medicinale a) sono di “impiego medico ben consolidato nella Comunità da almeno 10 anni” e b) presentano “una riconosciuta efficacia e un livello accettabile di sicurezza”. A fronte di tali requisiti, che la Ricorrente affermava sussistere per l’Orphacol, la CE aveva invece negato l’AIC affermando che da un lato non fosse stato provato l’impiego medico consolidato del principio attivo (acido colico), dall’altro non fossero stati allegati dati completi sulla efficacia e sicurezza del medicinale.

In replica alla prima censura il TUE rileva che, relativamente ai medicinali orfani (destinati al trattamento di malattie molto rare e gravi), l’impiego medico consolidato può eccezionalmente consistere in quello previsto dall’art. 5(1) della Direttiva, che riguarda medicinali forniti a fronte di “esigenze speciali” per rispondere “ad un’ordinazione leale e non sollecitata, elaborati conformemente alle prescrizioni di un medico autorizzato e destinati ad un determinato paziente sotto la sua personale e diretta responsabilità”. Nel caso di specie, l’acido colico fu utilizzato in Francia quale preparato ospedaliero per trattare pazienti tra il 1993 e il 2007, e sempre in Francia, anche successivamente al 2007, furono somministrate capsule di acido colico a nome Orphacol a norma del Codice della Salute Pubblica francese, quale rilascio “a un paziente specifico a titolo di uso compassionevole“. Contrariamente a quanto sostenuto dalla CE il TUE ha ritenuto quindi che ciò dimostrasse l’impiego medico consolidato ai sensi della normativa summenzionata, e in particolare dimostrasse che l’impiego dei preparati fosse avvenuto per “esigenze speciali” al fine di rispondere “ad un’ordinazione leale e non sollecitata” come da art. 5(1) della Direttiva, dal momento che tali preparati “rispondevano a situazioni giustificate da considerazioni mediche” ed erano “necessari per rispondere ai bisogni dei pazienti”, oltre ad essere stati “prescritti dal medico al termine di un esame effettivo dei suoi pazienti e basandosi su considerazioni puramente terapeutiche”.

Quanto alla seconda censura della CE, il TUE ricorda invece che sia l’art. 22 della Direttiva che l’art. 14(8) del Regolamento 726/04 (sulle procedure per il rilascio dell’AIC) consentono in “circostanze eccezionali” il rilascio dell’AIC pur a fronte di lacune nei dati su efficacia e sicurezza, a condizione che il richiedente possa dimostrare di non essere in grado di fornire dati completi a causa di uno dei motivi previsti dall’allegato I della Direttiva. Nel caso dell’Orphacol, il TUE ha ritenuto che effettivamente la Ricorrente avesse dimostrato di non poter fornire informazioni complete su efficacia e sicurezza del farmaco per via di alcuni di tali motivi, e precisamente a causa de: i) l’obiettiva rarità della malattia da esso curata; ii) l’impossibilità, accertata dal CMUU e non messa in discussione dalla CE, di effettuare test clinici, posto che essi avrebbero esposto i pazienti al rischio di lesioni gravi o addirittura decesso; iii) la contrarietà alla deontologia medica di uno studio controllato sull’efficacia dell’acido colico, atteso che tale studio avrebbe presupposto di dividere i pazienti in due gruppi, ove l’uno avrebbe ricevuto il trattamento sperimentato e l’altro un placebo. D’altro canto, rileva il TUE, l’allegato I parte II, punto 1, lett. c) della Direttiva prevede la possibilità del rilascio di un’AIC anche nell’ipotesi di dati mancanti “semprechè siano giustificate le ragioni per le quali possa ritenersi comprovata la sicurezza e/o l’efficacia del prodotto, pur in assenza di taluni studi”; ragioni che il TUE ha ritenuto per l’appunto “giustificate” nel caso di specie.

Alla luce di quanto precede, nonchè di altre considerazioni in contrasto con l’opinione della CE, il TUE ha quindi annullato la decisione di esecuzione della Commissione C (2012) 3306 def., del 25 maggio 2012, recante diniego di AIC per il Farmaco.

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Pubblicato il rapporto 2012 sugli interventi delle dogane UE a tutela dei diritti IP

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